Il progetto della Casa di Tre Bottoni ha visto coinvolte sin da subito le due operatrici, Agnese e Stefania, quando ancora era in cantiere, quando la casa non aveva ancora un nome e un carattere. Hanno iniziato a costruire la casa dalle fondamenta, collaborando alla scrittura del progetto ma anche immaginando come sarebbe diventata, scegliendo l’arredamento, i mobili, i colori, per far sì che corrispondesse all’idea di casa che richiedeva il progetto stesso: una casa moderna, confortevole ed elegante, che sapesse sorprendere per la sua bellezza e restituire al primo sguardo una sensazione di benessere e accoglienza.
L’aver partecipato alla sua realizzazione, fa sentire loro la Casa di Tre Bottoni come un’opera per il suo artista. La soddisfazione per il proprio lavoro è grande quando si ottiene un ottimo risultato.
Ma anche la Casa ha richiesto loro dei cambiamenti, in particolare nel loro modo di lavorare. Stefania proviene da un lavoro come educatrice in comunità terapeutiche, immersa in una quotidianità piuttosto strutturata e in costante contatto con gli ospiti; Agnese, invece, da una realtà molto diversa, coinvolta in progetti per giovani, dove il contesto è più flessibile e dinamico.
Il progetto della Casa di Tre Bottoni si differenzia dalle pregresse esperienze di entrambe: cambia la presenza delle operatrici per gli utenti, si modifica la relazione con loro.
Stefania e Agnese, infatti, non sono costantemente presenti all’interno della casa, ma lo sono nella vita degli inquilini. Questo accompagnamento “leggero” consente una maggiore libertà per gli ospiti, che si sentono più autonomi e responsabilizzati, ma richiede di instaurare un rapporto di grande fiducia reciproca, alla ricerca del giusto equilibrio tra l’essere presenti e riconosciute come figure di supporto e il lasciar fare, così che gli ospiti si sentano – e diventino – più indipendenti.
Non è sempre facile, ogni persona ha il suo carattere: c’è chi conta solo sulle proprie forze e non cerca il dialogo, come c’è chi al primo timore è pronto a chiamarle e si affida a loro.
Il successo è stato nel costruire insieme un rapporto sincero e molto personale: sono gli ospiti che raccontano loro la quotidianità della casa, a volte anche con simpatiche versioni discordanti l’una dall’altra, confidano le proprie preoccupazioni e rivelano le aspettative.
La differenza di conoscenze e competenze tra Agnese e Stefania è stata anche una risorsa. Lavorare insieme al nuovo progetto di co-housing è stata una contaminazione reciproca di saperi e di approcci che ha portato l’una a trasmettere qualcosa all’altra. Un’arricchente sinergia fatta di confronti e progettazioni condivise, in una proficua collaborazione con gli enti del territorio – servizi sociali, Comune, Smi, Sert, Cps, comunità e altre cooperative – per trovare risposte comuni ai bisogni di ognuno degli ospiti.
Il lavoro dell’educatore è estremamente complesso e delicato. In un continuo compromesso tra guidare una persona per farle prendere coscienza di bisogni e dei passi da fare per cambiare la propria vita, e lasciare che agisca secondo il proprio stile. Stefania e Agnese accompagnano gli ospiti in questo percorso, costruendolo insieme a loro, passo dopo passo, aiutando ognuno a ritrovare sé stesso e ridare valore a ciò che sa fare, sostenendo insieme il peso del fallimento e facendo intravedere prospettive e orizzonti.