Un oggetto legato all’infanzia, un dettaglio della cucina, un frutto tanto amato, la visuale dal balcone alzando la testa per prendere il sole, un portafortuna, la visuale dal finestrino di un autobus di linea nel tragitto verso casa, la luce che entra da una porta socchiusa, una collezione di bottoni.
Sono solo alcune delle immagini che descrivono il nostro racconto di Casa di Tre bottoni.
Un’esperienza in cui il fare comunità viene raccontato attraverso le immagini, rendendo protagonista chi ha vissuto la casa da dentro.
Più di un anno fa, abbiamo deciso di iniziare un percorso di comunicazione partecipato che si è rimodulato per adattarsi agli inquilini, alle culture e alle abitudini che si sono avvicendati.
Grazie a loro abbiamo costruito un diario affascinante e complesso: una serie di fotografie scattate da chi abita la casa, in costante dialogo con noi.
Abbiamo dato spazio al loro sguardo sulle cose, uno sguardo attento e sensibile, a volte diffidente o svogliato, altre fiducioso. Lo sguardo unico e irripetibile di chi ha abitato la Casa di Tre Bottoni.
Oggetti e immagini attraversano ogni giorno la nostra vita. Lo fanno per esserci utili, per farci piacere ma anche per rappresentare qualcosa che fatichiamo a descrivere con le parole, esprimere sentimenti e creatività. Spesso li diamo per scontati, talvolta riconosciamo in loro grande valore simbolico e affettivo. Muti testimoni dei momenti di piacere e di dolore, su di loro si proiettano i dettagli della nostra personalità.
Chi vive per un periodo breve o lungo in case comunitarie ha un rapporto con i propri oggetti, con la proprietà e con i propri spazi, molto differente rispetto a chi possiede una propria casa.
La stabilità residenziale influisce anche sulle scelte dei propri oggetti personali, che spesso rappresentano non più il superfluo bensì l’essenza.
Per questo abbiamo chiesto agli ospiti di fotografare uno o più oggetti della loro vita che rappresentano una sorta di carta d’identità materiale.
In un secondo momento abbiamo chiesto di concentrarsi sui dettagli della casa: cosa vedono, cosa li infastidisce o li rende felici, cosa vivono quotidianamente.
Un processo creativo che, oltre ad essere estetico narrativo, può dare peso e attenzione a gestualità o momenti apparentemente banali ma significativi per i vissuti personali.
Un album fotografico che racconta la soggettività e che, dalla soggettività, restituisce nuovi stimoli visivi.
Il diario fotografico
In questi 5 anni Casa di Tre Bottoni, grazie allo sguardo attento e al contributo di Fondazione Azimut, della Parrocchia Santa Giovanna Antida e del Calabrone, ha saputo rispondere a bisogni abitativi e sociali sempre più attuali.