Casa di Tre Bottoni ha aperto le sue porte per la prima volta 5 anni fa grazie alla collaborazione di Fondazione Azimut, Parrocchia di Santa Giovanna Antida e cooperativa Il Calabrone. Ognuna di queste realtà ha contribuito in modo diverso al progetto, condividendo però la volontà di offrire al territorio un’opportunità abitativa per coloro che ne avessero bisogno, per vari motivi.
Casa di Tre Bottoni non è un semplice appartamento da condividere. Casa di Tre Bottoni è molto di più!
Casa di Tre Bottoni è:
- Uno spazio curato attentamente nella forma e nei dettagli, per restituire forza, energia e dignità alle persone che la abitano attraverso la bellezza
- Un luogo ritrovato, intimo, che appartiene a chi lo vive e che fa suo, raccontando un po’ di sé anche attraverso gli oggetti che porta
- Un punto d’incontro tra persone che arrivano da luoghi diversi e non si conoscono, ma che per un periodo intrecciano relazioni, creando nuove opportunità
- Un ambiente che offre la possibilità di fermarsi e dedicarsi del tempo, di ripensarsi, progettare e ripartire
- Uno spazio in cui sentirsi sicuri, autonomi e liberi di scegliere chi essere e diventare
Il cuore della Casa di Tre Bottoni sono le persone che la abitano
Qui ci si riscopre come risorsa per sé, ma anche per i coinquilini con cui si condivide un pezzo di vita, portando ognuno la sua unicità che permette di arricchirsi e misurarsi con la diversità che si incontrano.
Le relazioni non sono facili da costruire, anche a causa di quelle storie personali difficili che hanno portato alcune persone a chiudersi e a diffidare degli altri. La convivenza con persone sconosciute può diventare una sfida nel momento in cui le diversità culturali, caratteriali e di abitudini si trasformano in un ostacolo o in motivo di scontro.
In questi anni sono state accolte persone estremamente eterogenee per età, provenienza e storia personale.
Questa pluralità risponde a un bisogno abitativo che – come testimoniano le richieste – riguarda numerose persone, indipendentemente dalla propria appartenenza: giovani e adulti, uomini e donne, persone fragili e persone che semplicemente si affacciano all’autonomia, persone con vissuti personali di sofferenza e persone che stanno iniziando il proprio progetto di vita. Diversità che hanno creato contaminazioni sinergiche produttive.
Daria e Beatrice, educatrici del Calabrone, supportano emotivamente e concretamente i residenti, occupandosi del percorso individuale di ognuno e facilitando le relazioni all’interno della Casa, affinché non sia solo un luogo in cui abitare, ma sia un’esperienza di vita significativa.
La Casa in numeri
In questi 5 anni sono state raccolte 134 segnalazioni, provenienti da servizi come SST, Ser. D./SMI, CPS, o da autocandidature. Tuttavia, siamo riusciti ad accettare solamente 51 persone.
Abbiamo avuto ospiti da 1 a 70 anni; uomini, donne e transgender; italiani e stranieri; singoli o famiglie; con precedenti percorsi in altre strutture o con percorsi migratori alle spalle; con un contratto di lavoro precario o in cerca di lavoro.
In questi anni non abbiamo mai avuto stanze vuote in attesa di una richiesta.
Al contrario, spesso abbiamo prospettato tempi d’attesa molto lunghi, troppo dilatati per chi ha bisogno di un posto dove stare, qui ed ora. Infatti, le persone che avremmo potuto e voluto accogliere sarebbero state molte di più, ma, purtroppo, per la loro urgenza di trovare una collocazione hanno trovato una diversa soluzione.
Un segnale che va ulteriormente ad evidenziare l’estremo e diffuso bisogno di soluzioni abitative di questo tipo sul nostro territorio, soluzioni che spesso, però, non trovano ancora una risposta.