Dopo anni passati a contrastare l’isolamento e la solitudine, ci siamo trovati a dover convincere i giovani a restare nelle loro case, trovando un senso e la possibilità di crescere in una situazione che, solo un paio di mesi fa, sembrava incredibile. Il nostro compito è quello di aiutarli in questo percorso, ma chiaramente oggi è impossibile trovare le risposte che ci servono in ciò che fino ad ora siamo stati abituati a fare. La verità è che gli strumenti istituzionali in campo risultano largamente inadeguati rispetto al tema giovani.
Solitudine e isolamento sono considerati, in tempi di normalità, una condizione patologica per i giovani e in particolar modo per gli adolescenti. Un ragazzo, infatti, si costituisce in relazione agli altri, ma oggi quella relazione è venuta meno, basta pensare a come è limitata la possibilità di differenziarsi o imitare, se tutti i rapporti sono mediati da uno schermo. Per non parlare della possibilità di sperimentare la relazione senza il tatto, l’olfatto e quindi senza la possibilità di abbracciare, baciare, spingere, stare a fianco, scambiarsi sguardi, oggetti, gesti. Prima dell’emergenza sanitaria buona parte del nostro agire educativo era orientato nell’accompagnare i cosiddetti “ritirati sociali”, quindi reclusi in camera e con relazioni mediate da schermi, verso modalità di rapporto che prevedessero la presenza dell’altro.
Ecco, in questo momento ci troviamo ad affrontare un isolamento generale, in cui noi realtà educative abbiamo lanciato con decisione ad adolescenti e giovani il messaggio “state a casa, dovete proteggervi e proteggere – per questo non dovete entrare in contatto con gli altri”. Hanno chiuso le scuole, i centri aggregativi, i locali, i bar, gli oratori, i campi sportivi, le palestre, i parchi, tutti i luoghi, insomma, in cui i ragazzi sperimentano e si sperimentano con gli altri. Ci siamo trovati nella necessità di dover promuovere la situazione che stavamo contrastando.
La misura dell’isolamento, prodotta da una serie di decreti governativi via via più restrittivi, è stata necessaria per evitare il dilagare dei contagi, certo; tuttavia, come spesso accade per le misure generalizzate in situazione emergenziale, sta mettendo sullo stesso piano realtà molto differenti. Quando pensiamo a casa spesso immaginiamo un luogo accogliente e sereno, connesso alla rete, con la possibilità di avere device adeguati, con adulti in grado di accompagnare all’uso degli strumenti di comunicazione. Però provate a pensare ai giovani con genitori violenti o semplicemente in appartamenti di dimensioni ridotte, in case fatiscenti di periferia, senza un balcone, un giardino; a quelli che vivono in comunità, ai ragazzi con difficoltà cognitive, psichiche e comportamentali. Ai luoghi non raggiunti dalla rete web o alle case senza un pc o dove gli strumenti ci sono, ma mancano adulti in grado di promuoverne un uso adeguato. Pensate poi a quelle case in cui saltano anche gli equilibri familiari, da un lato per l’angoscia di veder soffrire i propri cari e dall’altro per la perdita di stabilità affettiva e/o economica. Riflettete, infine, sul fatto che l’accesso alla socialità e all’istruzione è, in questo momento, di fatto completamente delegato e mediato dall’ambiente casa e dalla dimensione familiare, quale che sia.
Questi aspetti, sommati alla situazione generale, rischiano per un verso di incidere pesantemente sui processi di crescita dei giovani e, per l’altro, di aumentare le disuguaglianze, di rendere incolmabile il divario tra chi ha accesso a reddito, cultura, opportunità e chi non ce l’ha e di questo passo sarà destinato a non averlo ancora per altre generazioni. “Le diseguaglianze”, facendo nostre le parole della psicologa Chiara Volpato, “sono tra le cause principali dell’infelicità collettiva: seminano sfiducia, indeboliscono la coesione sociale e mettono a rischio la democrazia”. Generano malattia, disagio e quindi ulteriori costi sociali.[/vc_column_text][vc_separator][vc_column_text][/vc_column_text][vc_text_separator title=”Cosa abbiamo scelto di fare”][vc_column_text]Per questo, come servizi educativi rivolti a giovani e adolescenti, pur con un campo di azione locale e senza nuove risorse, abbiamo deciso di ripensare al nostro agire per poter svolgere la nostra funzione in questo scenario complesso, che evidentemente ha spiazzato tutti, noi per primi.
Lo abbiamo fatto dandoci alcune direzioni di lavoro. In primo luogo abbiamo pensato di traferire sui canali on-line più funzioni possibile: colloqui, seminari formativi, laboratori. Insomma abbiamo spostato on-line i nostri servizi relazionali. Lo abbiamo fatto sperimentando nuove forme, come video e podcast registrati da operatori IG sui nostri temi.[/vc_column_text][vc_separator]
Infine, abbiamo scelto di dare voce ai giovani condividendo post, attività, campagne, eventi on-line promossi da giovani stessi. Come il giornale degli studenti in cui raccogliamo articoli e post provenienti dalle scuole o gli eventi breaking wall in cui i partecipanti ai festeggiamenti per la caduta del muro di Berlino restituiscono alla città impressioni, provocazioni, stimoli.
Stiamo tenendo connessi interventi diversi e ci stiamo scambiando punti forza e elementi di criticità, così sono nate attività ponte tra un intervento e l’altro come la distribuzione di tablet e pc ai ragazzi esposti al rischio povertà educativa e la connessione con il progetto Oasi di promozione della didattica on-line.
Il fine verso cui stiamo puntando è continuare a fare comunità, pur in questo modo strambo e mediato da schermi, perché l’isolamento è sempre un rischio. Inoltre stiamo pensando a come continuare a costruire una prospettiva futura: l’assenza di un orizzonte disincentiva l’attivazione dei giovani ed oggi rischia di mancare il dopo emergenza. Abbiamo in programma di attivare una versione online delle biblioteche viventi e alcuni momenti di incontro con testimoni significativi del nostro tempo. Purtroppo lo notiamo anche in questo procedere per decreti con un orizzonte molto ristretto e senza una strategia chiara ed esplicita.
In tutto questo siamo cambiati per primi noi, è mutato il nostro modo di lavorare, abbiamo attivato modalità di riunione allargate e online, abbiamo dilatato i tempi e gli spazi del lavoro, paradossalmente ci si vede più di prima, certo attraverso un video, e la domanda “come stai” nelle aperture delle riunioni ha assunto un peso sicuramente diverso.[/vc_column_text][vc_separator][vc_text_separator title=”Le questioni ancora aperte”][vc_column_text]Restano, però, alcune importanti questioni aperte.
La dimensione corporea ed esperienziale della relazione non è sostituibile da alcun dispositivo digitale, che al massimo ne promuove la rappresentazione simbolica. Quali saranno, quindi, le conseguenze di queste settimane di ipostimolazione sulle modalità di relazione degli adolescenti? Prevarrà la loro capacità di essere resilienti o resteranno segni nella modalità di stare in relazione con l’altro?
Il rapporto con le regole, in quanto rapporto con un limite è spesso per gli adolescenti caratterizzato da momenti di sconfinamento, di trasgressione, di messa in discussione della regola o del soggetto che la propone. Nel momento in cui la pressione sociale sul rispetto delle regole di isolamento è così elevato, è lecito pensare che adolescenti e giovani stiano accumulando tensione o stiano reprimendo alcuni aspetti di vitalità per poter reggere la dimensione domestica. La critica all’esistente, anche alle norme e alle istituzioni, rappresenta un importante momento di differenziazione in questa fase di vita. La credibilità di adulti e rappresentanti istituzionali è messa alla prova dal giovane che ne vuole capire l’autorevolezza (di questi tempi spesso ben scarsamente reperibile). Come valorizzare una visione di critica alle regole senza promuoverne la violazione, visto che mette a rischio la salute propria e quella altrui? Come sarà possibile promuovere una socialità sana, plurale, moltitudinaria, dopo questo periodo di addomesticamento forzato dei giovani?
In questo momento è partita una caccia alle streghe che sicuramente non ha risparmiato i giovani, visti spesso come quelli degli aperitivi in piazza, del running, che giravano senza dispositivi di protezione o in piccoli gruppi, quasi fossero soggetti nemici, potenziali untori. In realtà in molte occasioni nella nostra città i ragazzi si sono attivati per consegnare la spesa a domicilio agli anziani, stanno supportando i senza tetto, aiutano i bambini consegnando computer e insegnando loro a usarli. Come è possibile promuovere nel mondo adulto questo tipo di visione dei giovani? Sarà possibile superare una visione negativa dell’altro, dopo questo periodo di isolamento caratterizzato da campagne in cui spesso è stato visto come portatore di contagio o minaccia?
Molte delle prassi apprese in questo periodo accompagneranno quello che faremo anche in futuro, il telelavoro, la possibilità di creare video e momenti di scambio on-line, ma anche alcune attenzioni all’ambiente, alle relazioni e lo sguardo sul futuro che stiamo costruendo non ci abbandoneranno. Una delle certezze che sta accompagnando il nostro agire è infatti ben sintetizzata dallo slogan “non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema!”.
Con i giovani siempre![/vc_column_text]