Il volontariato è un’attività di aiuto gratuito sempre più presente nella nostra società, anche a fronte delle numerose realtà che necessitano di sostegno pratico e vicinanza emotiva.
Ne parliamo con Ivan Salvi, educatore della Comunità Terapeutica Riabilitativa di Collebeato, e con alcuni volontari della cooperativa.
A loro chiediamo di raccontarci l’importanza di questa figura per la comunità e cosa significa essere volontari.
Ivan, cosa pensi della presenza dei volontari?
“La figura del volontario è fondamentale al buon funzionamento della comunità. Per i nostri utenti, infatti, è importante stringere relazioni al di fuori della loro rete sociale, spesso intrecciata con il mondo delle sostanze, e con altre persone oltre agli operatori”.
Di cosa si occupano i volontari?
“L’interazione tra volontari, educatori e utenti permette di dar vita a laboratori e ad attività nel tempo libero (ad esempio il cineforum). Questo è senz’altro un apporto importante che permette agli utenti di avere momenti di svago e contribuisce in modo positivo al percorso terapeutico”.
E oltre al tempo libero?
“Un altro contributo prezioso offerto dai volontari è il supporto organizzativo: commissioni, accompagnamento degli utenti, gite, sport , copertura delle notti, supporto ad alcune attività quotidiane come cucina, cura dell’orto ecc).”
Ivan, che rapporto c’è tra educatori e volontari?
“Un punto chiave e delicato è la condivisione delle informazioni tra volontari ed educatori. È essenziale una buona comunicazione tra tutte le figure che operano all’interno della comunità: l’obiettivo primario è sempre il bene dell’utente”.
Risulta chiaro dalle parole di Ivan che, in un contesto di questo tipo, non ci si improvvisa volontari: infatti, la cooperativa organizza momenti formativi e affiancamenti con gli operatori. Perché educatori e volontari svolgono ruoli distinti, entrambi indispensabili.
Ma che cos’è il volontariato per i volontari stessi? Che importanza assume per loro?
Le motivazioni che hanno spinto i nostri volontari ad iniziare questa attività sono molteplici: riempire il tempo libero facendo qualcosa di buono per gli altri, “mettersi in gioco” e fare una nuova esperienza. Quella che mette tutti d’accordo è, senza dubbio, la volontà di prestare aiuto, di far vedere la propria vicinanza a questa realtà, di fare del bene.
“Per me – risponde un volontario – essere un volontario significa provare soddisfazione e gratificazione nell’aiutare, sentirsi bene con se stessi”.
“È un po’ come essere dei ‘supereroi’ – ribadisce un altro. Non si fa niente di che, ma con quel poco che si fa aiutiamo molto. È fare del bene che poi fa stare bene noi stessi”.
“Le attività che svolgiamo non sono complesse – precisa un’altra – sono piccole cose che però, sommate, portano un grande contributo: c’è chi fa gli accompagnamenti, chi si offre per le gite, per le notti, chi cucina e via dicendo”.
Come vivete il rapporto con gli operatori?
Il clima che si respira all’interno della comunità è piacevole: “abbiamo ottimi rapporti con gli operatori – sottolineano – la nostra relazione è informale, ma molto precisa su ciò che si deve fare e sugli aspetti importanti del nostro lavoro”.
Per i volontari che svolgono attività particolari, come la presenza notturna o l’accompagnamento di singoli utenti, risulta più difficile instaurare rapporti con gli altri, poiché si ha raramente l’occasione di incontrarsi: per questo la cooperativa organizza, in alcuni momenti dell’anno, incontri di convivialità e formazione.
Non manca il rimpianto per la situazione pre-pandemica: “prima dell’emergenza sanitaria capitava di ritrovarsi per un caffè, per un saluto. Ora è un po’ più complicato, ma di base rimane un rapporto di stima”.
E del rapporto con gli utenti, cosa ci dite?
Dalle risposte degli intervistati si capisce che il rapporto con gli utenti, fatto di profondo rispetto, cordialità e sensibilità, è ciò che sta veramente a cuore a tutti.
Ci raccontano che alcuni utenti qualche volta parlano delle loro storie personali e si confidano con loro: in questi casi il rispetto nei loro confronti fa sì che ci si limiti all’ascolto, senza essere intrusivi ed invadenti; la maggior parte delle volte, però, si parla del più e del meno.
“Capita anche che si creino relazioni forti, che possono durare a percorso terapeutico terminato” ci precisa un volontario.
Non capitano mai situazioni difficili?
“Non mi ricordo di eventi spiacevoli particolari: certo, qualche discussione con gli utenti è inevitabile, ma di solito si risolve nel giro di poco”.
“La cosa peggiore – confessa una volontaria – è sapere che uno dei ‘nostri ragazzi’ ha avuto una ricaduta, oppure ha abbandonato il percorso iniziato: non ci si abitua mai ed è un grande dispiacere. Per fortuna, in questi casi i possiamo confrontarci con gli operatori e contare sul loro supporto”.
Insomma, nelle nostre interviste abbiamo capito che per fare volontariato non servono doti speciali ma occorre essere disponibili al confronto e avere voglia di donare tempo agli altri; in più, per agire in una comunità riabilitativa non bisogna farsi sopraffare dal pregiudizio verso persone che, è vero, possono aver sbagliato o aver incontrato difficoltà, ma sanno anche restituire quanto che viene fatto per e con loro.
Per questo, sottolineano con forza i nostri intervistati, bisogna informarsi preventivamente con gli operatori in merito alla realtà nella quale si andrà ad operare.
Veronica