Domanda:
Buongiorno, sono il papà di Giorgio, un ragazzo di 15 anni. Scrivo dopo l’ennesima litigata con mia moglie per le nostre differenti opinioni su come gestire la vita in casa con nostro figlio in questo periodo.
Io non ne posso più di vederlo sdraiato sul divano in pigiama o ancor peggio sul suo letto in pieno giorno. Passo da momenti di rabbia in cui mi trovo a sfuriare con lui dicendogli che, se si guardasse in giro, troverebbe parecchie cose utili da fare, all’essere preoccupato perché mi chiedo: sarà depresso? E anche questo mi irrita perché penso a tutto quello che abbiamo fatto e stiamo facendo per lui!
Quando urlo finisce che litighiamo, quando gli chiedo se è giù mi guarda come se avessi detto la più grande delle cavolate. Mia moglie dice che sbaglio approccio e così finisce che la colpa sembra mia. Io non so che strada prendere e sono stufo anche io!
... e risposta
La lettera del papà di Giorgio parla di una situazione che viene spesso riportata dai genitori: vedere i propri figli che “non fanno niente”, che sembra perdano tempo o che si annoiano non è facile. Le domande che suscita un adolescente annoiato (perché non ha voglia? c’è un problema? come lo posso aiutare? cosa devo fare di più, oltre a quello che già gli concedo?) lasciano un senso di perplessità, impotenza e talvolta frustrazione negli adulti.
Vogliamo offrire alcune riflessioni e suggerimenti su come guardare e affrontare la noia di alcuni adolescenti in particolare in questo periodo di fase 2.
In primo luogo, questi sentimenti vanno contestualizzati nella situazione attuale, potendosi chiedere: Giorgio – e come lui molti altri adolescenti – è sempre stato così? Ha sempre avuto questo atteggiamento annoiato e scarsa motivazione? Oppure questo è atteggiamento è iniziato con la reclusione a casa e la privazione di una serie di attività?
La noia è comprensibile quando si viene privati delle consuetudini che scandiscono la vita e soprattutto delle attività che danno maggior piacere, che sono quelle in cui si investe maggiormente energia e interesse: incontrarsi a scuola e nelle attività pomeridiane, uscire nel weekend, dedicare tempo a pensare con chi andare, come vestirsi, chi sarà presente alla serata…
Possono sembrare banalità in confronto alle questioni che si stanno affrontando dall’inizio di quest’emergenza e anche oggi, nell’adattarsi alla fase 2, con tutto ciò che comporta.
Però non dimentichiamo che sono banalità per chi non si trova in una fase di vita come quella di preadolescenti e adolescenti, impegnati a ridefinire la propria identità di fronte al mondo.
Per un adulto, la cui crescita – dal punto di vista emotivo – è stata abbastanza buona, le capacità di gestire emozioni e relazioni già consolidate costituiscono proprio quelle risorse su cui contare nei momenti di difficoltà e incertezza come quello che stiamo vivendo.
Gli adolescenti, invece, stanno ancora costruendo queste risorse e capacità e, in queste settimane, i “cantieri” in cui vengono costruite usualmente (gruppo di pari, amico/a del cuore, fidanzati/e, attività ricreative e sportive ecc.) sono inaccessibili fisicamente o accessibili solo parzialmente con canali online.
Mancano una serie di attività e occasioni che prima si davano per scontate e che riempivano la vita dei giovani, che così, più facilmente, possono sentirsi o apparire annoiati.
Inoltre, il cervello degli adolescenti è più suscettibile alla noia rispetto al cervello adulto – spiega Daniel Siegel, noto per il suo lavoro in ambito di neurobiologia interpersonale – a causa di differenti livelli di base di dopamina, un neurotrasmettitore implicato nei processi che spingono a cercare gratificazioni. Anche a causa di questo bisogno di regolazione dei livelli di dopamina, a volte, gli adolescenti soffrono molto la noia, se non coinvolti in attività stimolanti.
Un altro fattore che può contribuire ad aumentare il senso di noia è la mancanza di strutturazione del tempo.
Prima di questa emergenza, tutto era ben scandito: tempo della scuola al mattino, tempo del rientro con mezzi vari, tempo dei compiti e delle attività pomeridiane strutturate, tempo del weekend ecc. Ora l’organizzazione del tempo è meno prevedibile, spesso esposta a cambiamenti, in cui possono esserci anche grandi spazi vuoti e, appunto, di noia.
Con questo non intendiamo che la noia debba essere demonizzata, bandita e vista come necessariamente pericolosa nella vita degli adolescenti. A volte, dei momenti di noia servono per fermarsi, riconnettersi a sé e pensare. A volte dei momenti si stasi o rallentamento sono fisiologici.
Donald Winnicott – importante pediatra e psicoanalista britannico – descriveva l’adolescenza anche come periodo di “acque calme” o “bonaccia” per indicare il tempo che passa, (il tempo PER l’adolescenza in cui svolgere il lavoro di crescita adolescenziale) in cui bisogna “lottare per trovarsi”.
Gli adolescenti, infatti, lottano per trovare sé, cioè per costruire la propria identità. Nei momenti di acque calme o bonaccia, la barca è ferma a causa dell’assenza di vento: non si sa quando il vento arriverà e se arriverà. L’adolescenza è un tempo di rivalutazione ma anche di attesa.
Il processo di crescita emotiva adolescenziale non è lineare, possono esserci deviazioni, rallentamenti e bonacce, ciò che conta è che siano temporanei, che se ne possa anche uscire. Inoltre, è fondamentale che durante questa attesa gli adulti accanto all’adolescente possano mantenere una buona fiducia nello sviluppo delle sue potenzialità.
I momenti di noia in adolescenza non vanno eccessivamente temuti, tuttavia, se si nota, come faceva il padre di Giorgio, che i figli/e in casa paiono troppo appesantiti dalla noia, qualche antidoto lo si può pensare.
Prima di tutto, è necessario che anche il giovane riconosca il suo stato d’animo.
Perciò, è fondamentale che gli adulti vicini possano svolgere una funzione di rispecchiamento emotivo, per permettere all’adolescente di accorgersi di ciò che prova, anche grazie a qualcuno che se ne accorga prima e per lui.
È necessario che il papà di Giorgio possa sintonizzarsi con lo stato d’animo del figlio senza sentirsi minacciato o allertato. Potrebbe chiedersi come mai gli sale fastidio o rabbia che non riesce a gestire come vorrebbe quando vede il figlio in quello stato sul divano o sugli “affari inutili”. Cosa c’è in quella rabbia? Cosa dice di negativo di lui come papà il fatto che Giorgio sia annoiato? Si sente forse incapace? Oppure Giorgio non corrisponde all’adolescente attivo e dinamico che lui vorrebbe fosse? O altro? Se il papà di Giorgio si sentirà più consapevole e padrone dei suoi pensieri e sentimenti potrà anche utilizzarli al meglio nella relazione con il figlio.
Se anche Giorgio, poi, dovesse riconoscersi in uno stato di noia o senso di inutilità e dovesse chiedere: allora che posso fare!? Sarebbe già un gran traguardo raggiunto nella relazione genitore-figlio.
Diversi esperti di adolescenza sottolineano quanto sia importante puntare sulla responsabilità e sulle risorse.
Abbiamo ascoltato con piacere i racconti di genitori che hanno riorganizzato la gestione della vita familiare coinvolgendo attivamente i loro figli adolescenti e chiedendo loro quali ruoli in famiglia avessero voluto prendersi. Così Laura, 15enne, si è proposta per fare i compiti di italiano 3 ore la settimana con il fratello di 7 anni; Giulio, 15enne, ha assunto la responsabilità della cucina per la famiglia il venerdì sera; Alexia, 14 enne, organizza due ore di attività fisica a settimana in gruppo per tutto la famiglia dopo aver cercato su YouTube apposite lezioni di pilates e tonificazione.
Gran parte di queste e altre attività possono prevedere tempi di preparazione e realizzazione stabiliti e così aiutare anche i più giovani ad avere nuovamente una sorta di agenda prevedibile anche ai tempi del coronavirus.
Un altro spunto che possiamo proporre al padre di Giorgio è quello di provare a coinvolgere il figlio in qualche attività da poter svolgere a casa, scegliendone una in cui il figlio se la cava bene e può ricevere riconoscimenti positivi dai familiari. Gli adolescenti hanno spesso fame e bisogno di rispecchiamenti positivi, perciò, sentirsi utili e capaci nelle attività familiari, diventa una motivazione a portarle avanti.
Il padre di Giorgio potrebbe fare in modo che sia Giorgio stesso a dire ciò su cui gli piacerebbe di più impegnarsi, cosa lo incuriosisce oppure ciò che gli piacerebbe fare insieme. Il piacere condiviso in una relazione di fiducia è infatti uno degli ingredienti più importanti per la crescita del valore di sé.
Piccole proposte e accorgimenti che pensiamo possano essere buoni ingredienti per una crescita “sana” in famiglia ed ancor più in questo periodo di stressante emergenza che si prolunga.
E voi? Quali accorgimenti avete trovato? Quali riflessioni state facendo? Quali dubbi? Scriveteci a oasi@ilcalabrone.org
A cura di La Fenice e Consultorio Familiare
Per chi ha voglia di leggere
Daniel J. Siegel, La mente adolescente, Raffaello Cortina Editore