Domanda:
Buongiorno,
forse siamo un po’ controcorrente con le lettere che abbiamo letto nei precedenti articoli, però io e mio marito abbiamo pensato che ci piacerebbe condividere anche un lato piacevole della convivenza forzata e delle scoperte che ha portato la quarantena.
Abbiamo un figlio, Mattia. Ha 14 anni e normalmente è un ragazzo non troppo collaborativo in casa… Solo a chiedergli di portare via le sue scarpe dall’ingresso sembra una richiesta incredibile!
Eppure, altrettanto incredibilmente, dall’inizio della quarantena si è preso l’impegno di aiutarci con la spesa online: ci ha spiegato il funzionamento del sito, il pagamento… ma alla fine – sospettiamo per compassione considerate la nostra difficoltà! – lo ha mantenuto lui fino ad oggi, occupandosene insieme a me o al padre, una volta alla settimana (e addirittura insistendo perché si facesse in un giorno preciso, il giovedì sera!).
Finito il lockdown, ammirati dal fatto che se la sia cavata così bene mostrando attenzione e puntualità, gli abbiamo proposto di occuparsi anche della spesa delle tre coppie di anziani che vivono nel nostro condominio. Ci ha positivamente stupito il fatto che Mattia abbia accettato, poiché siamo consapevoli che in questo momento sia sano e normale che abbia maggiormente voglia di dedicarsi alle sue cose, come incontrare gli amici.
Questo per dire che, a volte, anche nelle difficoltà si possono scoprire aspetti positivi delle situazioni e delle persone.
Due genitori piacevolmente stupiti
... e risposta
I genitori di Mattia descrivono una situazione che altri genitori hanno condiviso in alcune occasioni di colloqui con noi, educatori e psicologi, negli ultimi mesi di quarantena e fase 2: Claudia di 16 anni si è offerta di aiutare i fratelli più piccoli con i compiti, Nicola di 17 anni ha accettato volentieri di cucinare per la famiglia due pasti a settimana, la sportiva Laura ha organizzato alcune sessioni di allenamento casalingo collettivo…
I racconti che siamo abituati a sentire da giornali e tv tratteggiano una immagine di adolescenti problematici, menefreghisti, trasgressivi e che poco sembrano somigliare a Mattia e ai ragazzi e ragazze raccontati da questi genitori. Abbiamo apprezzato particolarmente ricevere anche messaggi come questi, perché mettono in luce una realtà fatta anche di risorse, interessi, relazioni e valori e ci permettono di riflettere sull’importanza di saper cogliere anche questi aspetti.
Anche numerose ricerche psicologiche negli ultimi anni hanno messo in evidenza l’importanza di vedere gli adolescenti come portatori di risorse e di far leva su fattori che vengono riassunti nelle cosiddette “Cinque C” dello sviluppo positivo: Competence (competenza), Confidence (fiducia), Connection (connessione/relazione), Character (rispetto e responsabilità) e Caring and Compassion (cura e compassione/empatia).
Rileggendo le parole dei genitori di Mattia, così come gli altri racconti, possiamo scoprire quanto queste Cinque C siano più evidenti di quanto pensiamo: Laura e Nicola mettono a disposizione della famiglia la loro competenza, Mattia mostra di potersi assumere una responsabilità e di saper mantenere relazioni significative, Claudia si prende cura dell’istruzione dei fratelli più piccoli… e forse per tutti un effetto di queste azioni è poter cominciare ad avere fiducia nelle proprie capacità e qualità.
La responsabilità nei confronti della collettività, concordata o spontanea che sia, ha la duplice valenza di attivazione in un momento in cui sembra difficile trovare le energie per mantenersi “in movimento” e di corrispondenza con un bisogno evolutivo specifico di questa età: la costruzione di una identità sociale.
In una situazione come quella che abbiamo vissuto fin ora, in cui la giornata ha smesso di essere scandita dagli appuntamenti quotidiani e sono stati preponderanti i vissuti di ansia, paura e rabbia, non è facile riuscire a far leva sulle proprie risorse e riscoprire (o scoprire!) i propri talenti.
Accompagnati dagli adulti, o in esplorazione solitaria, i ragazzi e le ragazze possono scoprirsi capaci di impegnarsi in qualcosa che li aiuta a mettere dei punti fermi, oltre che all’interno della loro giornata, anche su sé stessi e sulla loro identità.
Risorse, qualità e capacità degli adolescenti, soprattutto quando sono riconosciute e valorizzate dagli adulti, sono gli ingredienti fondamentali che permettono quella che gli studiosi dell’adolescenza, tra i primi G. Pietropolli Charmet, chiamano “seconda nascita sociale”.
Lo psicoterapeuta descrive la nascita sociale come una seconda nascita, grazie alla quale l’adolescente raggiunge un’identità riconosciuta all’interno di un gruppo diverso da quello familiare. Pur essendo una conquista tardo-adolescenziale, Charmet identifica episodi come quello raccontato dai genitori di Mattia come dei “debutti improvvisi e provvisori” della nascita sociale, come se si trattasse di prove e prime sperimentazioni di costruzione della propria identità all’interno di una comunità.
Credere in sé, scoprirsi resilienti e con competenze da mettere a disposizione anche di altri non è sempre semplice: abbiamo potuto sperimentare noi stessi la fatica di farlo nel periodo di lockdown appena concluso, che ci ha messi così faticosamente alla prova.
Jeammet, psicoterapeuta esperto di adolescenza, immagina noi adulti educatori come dei “naviganti” che si prefiggono una meta e seguono una rotta adattandosi alle circostanze, cercando di far fronte agli imprevisti e alle difficoltà per poter proseguire. Jeammet ci suggerisce di essere “adulti senza riserve”, in grado di essere presenti nelle situazioni di difficoltà, mantenere un buon grado di fiducia, poter attingere alle proprie risorse e utilizzare la propria creatività anche nei momenti di crisi.
Lo sguardo degli adulti e ciò che questo sguardo dice e restituisce, per un adolescente è fondamentale.
È, infatti, nella relazione e nello scambio con le persone importanti che si realizza la ricerca e costruzione, o meglio co-costruzione, di sé. Poter cogliere anche le risorse, gli aspetti positivi e i talenti dei propri figli e figlie e saperglieli restituire li accompagna ad esercitare lo stesso sguardo su di sé in autonomia.
E voi? Quali risorse avete osservato nei vostri figli? Come li avete accompagnati a vederle? Che riscontro avete avuto da loro?
Continuate a scriverci a oasi@ilcalabrone.org
A cura di La Fenice e Consultorio Familiare
Per chi ha voglia di leggere
Jeammet, Crescere in un tempo di crisi. Come aiutare i nostri figli a credere nel futuro, Vita e Pensiero
P. Charmet, L’insostenibile bisogno di ammirazione, Laterza