Sabato sera (26 novembre 2016) si è svolto l’ultimo appuntamento presso l’Auditorium Capretti per il ciclo Incontri di pensiero 2016, con l’eccezionale presenza di Simone Moro nei panni di relatore, il quale ha dialogato con Marco Bencivenga, caporedattore centrale di Bresciaoggi, sul tema “La cassetta degli attrezzi: educazione, sfida, equilibrio”.
“L’attrezzo più importante da cui non bisogna mai separarsi è il buon senso. È quel bagaglio fondamentale che la famiglia ti lascia prima e ti stimola a completare poi – dice l’alpinista bergamasco, che ricorda – Per diventare bravi bisogna ascoltare i consigli che vengono da chi è più saggio. Una volta Riccardo Cassin mi disse che l’obiettivo da raggiungere era quello di diventare un bravo e soprattutto vecchio alpinista, e per farlo devi imparare a dare il giusto valore alle cose che fai. Per me l’alpinismo non è un fine, ma un mezzo. Allo stesso modo la vetta della montagna non è il traguardo, perché poi bisogna scendere.
Nella vita come in montagna, chi sono gli avversari?
“Sicuramente non la natura, perché chi dice che l’avversario è la montagna sta bestemmiando. L’uomo è arrivato su un pianeta che aveva le sue regole definite, e ha pensato di dominarlo. Per questo è importante capire che l’avversario siamo noi stessi, e la fame di riuscire ad arrivare dove voglio si crea anche in base alle difficoltà, soprattutto quando dobbiamo fare la differenza di fronte ad alibi e rinunce: l’unico modo è farsi il mazzo!”
A questo punto Bencivenga conduce il discorso su temi quali sconfitta, rinuncia e seconde opportunità.
“Il concetto della rinuncia non va abbinato al concetto di fallimento – spiega Simone Moro – perché per un alpinista il fallimento può toglierti la vita: ecco allora come ho capito che devi saperti fermare al momento giusto, perché in realtà la rinuncia è solo la posticipazione del successo. Dobbiamo imparare a concederci dei tentativi per i nostri obiettivi, riuscendo ad accettare questi fallimenti come un passaggio necessario nel riuscire ad alzare sempre più l’asticella.
Dobbiamo rovesciare il nostro cassetto dei sogni e sceglierne uno, per poi perseguirlo con tutta la nostra volontà. Partendo da una preparazione/programmazione adeguata, il tutto deve necessariamente essere accompagnato da una coscienza di fondo, necessaria per non sconfinare nell’azzardo, perché il giocatore che basa una carriera su questo…perde. Bisogna saper programmare il futuro in vista di tutti i possibili scenari, preparando il “dopo” quando ancora sei nel “durante”, e il modo per farlo è restare con i piedi per terra, non solo a 8000 metri”.
Dal punto di vista educativo – chiede Bencivenga – che senso assume l’essere unici nel riuscire a fare qualcosa?
“Ognuno di noi è unico, e nella propria unicità tutti hanno il diritto di scegliere il percorso, con l’obiettivo di riuscire a raggiungere il traguardo che noi stessi ci siamo proposti; questo per me vuol dire essere il primo. Quando poi questo traguardo corrisponde ai limiti di tutti gli altri, ecco allora che scrivi non solo la tua storia, ma la storia in generale. Il concetto base per me si chiama esplorazione, e in particolare l’esplorazione di noi stessi. Per comprendere meglio chi sono io mi dedico all’alpinismo, e questo mi ha fatto capire come l’andare in montagna mi consenta di raggiungere la vetta e cioè la felicità.
Infine per quanto riguarda l’educazione dei figli, dobbiamo tornare ad essere protettivi nei valori, come lo sono stati con me i miei genitori: dobbiamo lasciare che i giovani frequentino l’università della vita, senza impedirgli di affrontare le difficoltà quotidiane, così che possano crearsi l’esperienza necessaria per vedere il mondo”.