Le radici che nutrono e fanno respirare: ne parla Antonietta Potente

Questa è la nona edizione degli Incontri di Pensiero, dice il Presidente Alessandro Augelli nella presentazione: teniamo duro, in un periodo di pensiero semplificato che parla alla pancia. Ed è inserita in un programma più ampio perché fare comunità significa anche includere la comunità cittadina.
E tante, davvero tante sono le persone arrivate alla Sala Capretti per il primo appuntamento. C’è chi conosce già la relatrice (“ho letto tutti i suoi libri”) e chi invece è venuto sulla fiducia, perché gli Incontri di Pensiero sono sempre una sollecitazione da raccogliere.
Mariella Bombardieri introduce Antonietta Potente confermando che scrive di testa e di cuore, non certo di pancia; è sempre in viaggio, sempre in ricerca – ricerca che non compie mai da sola, proprio come faceva don Piero Verzeletti.
E la relatrice riflette con noi sulle parole chiave del tema che le abbiamo proposto: guardarsi dentro è essenziale, l’atto di guardare permette di andare in profondità ed è lì che troviamo le radici: radici che nutrono, radici che àncorano. Non si tratta però di tornare alle radici, in un malinteso ritorno al passato come reclamano tanti al giorno d’oggi.
Le radici sono ciò che tutti abbiamo, anche se ognuna è diversa – è questo che ci accomuna; sono il luogo profondo dove si dà respiro e si incontra l’altro. Devo riflettere su cosa fa respirare anche gli altri, non solo me, e comportarmi di conseguenza: il che esclude le pratiche di colonizzazione, di spoliazione e di emergenza, privilegiando le relazioni di profondità.
Le domande del pubblico sono di spessore, a partire da quella che pone Mariella Bombardieri: da dove nasce la paura dell’altro?
La paura, risponde la relatrice, è legata agli elementi di questo mondo (denaro, lavoro, risorse) che non hanno radici nel nostro profondo. E’ umana, ma per superarla bisogna stare insieme, ricreare relazioni: pensare insieme è la pratica necessaria oggi.
E la meditazione, che posto occupa in questo percorso? Antonietta Potente sembra sorpresa: non l’ho nominata, esclama, perché la davo per scontata. E’ un modo di stare nella realtà, è il metodo che ciascuno si dà per entrare nella propria profondità. Deve essere un atteggiamento costante, una forma di attesa a cui ci si deve educare sapendo che non tutto è sotto il nostro controllo.
Il pubblico incalza: cosa intende parlando di sintonia tra pratiche politiche e spirituali? Io devo prendere poco posto, risponde, ma che sia il mio. Devo stare nel mio posto lasciando che la vita degli altri mi raggiunga, devo agire nella relazione. E cos’è questo agire, se non la pratica politica?
Al termine dell’incontro, il pubblico esce lentamente, commentando. C’è chi ha trovato difficile seguire le parole della relatrice e chi invece è entusiasta. Comunque, il banchetto che vende i libri di Antonietta Potente è presto vuoto: evidentemente, ci sono persone che desiderano approfondire – e questo è sempre un buon segno.
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