C’era una volta un falegname, si chiamava Tre Bottoni. Abitava in un paese povero povero, dove la gente non aveva certo i soldi per farsi i mobili nuovi. In un anno, sì e no, gli ordinavano un tavolo e quattro sedie. L’anno dopo gli ordinavano appena appena uno sgabello. Tre Bottoni pensò: “Mi conviene cambiar paese, fabbricarmi una casetta di legno e metterci le rotelle: me la porterò dietro dappertutto e quando farò fortuna mi sposerò, e quando mi sarò sposato la darò ai miei bambini per giocare”.
Detto fatto, si mise al lavoro. Come falegname era bravo. Era anche piccolo, Tre Bottoni. Era anche magro. Non gli occorreva una casa tanto grande. Difatti, la fece piccolissima, ci stavano dentro lui, il martello e la pialla, ma la sega no, la sega doveva appenderla a un chiodo, fuori dalla porta. Sopra la porta ci dipinse il suo nome: “Tre Bottoni”. Sotto la casa, ci mise quattro rotelline. E partì.
Cammina e corri, venne la sera e Tre Bottoni si fermò in un prato.
Lo svegliò, qualche ora dopo, la pioggia che picchiava sul tetto. Era scoppiato un temporale e i fulmini guizzavano da tutte le parti. “Senti come tuona” – si disse Tre Bottoni.
Ma non era soltanto il tuono. Qualcuno bussava alle pareti della casetta, bussava, bussava, e una voce implorava: “Aprimi, per piacere. Aprimi,Tre Bottoni!”
“Prova un po’, io la casa me la sono fatta su misura, ma se ci stai anche tu, ben contento”.
“Dove c’è posto per uno, c’è posto per due”. Entrò un vecchietto, si strizzò la barba per farne uscire l’acqua e si sdraiò. “Vedi che ci sto?” – “Vedo, vedo. Ma chi siete?” – “Sono tuo zio Caramella. Sono rimasto solo, non ho più nessuno che mi dia un piatto di minestra, ho pensato a te. Ti sei fatto la casa nuova, eh? Allora le cose ti vanno bene?” – “Benone, benone” disse Tre Bottoni. E intanto tuonava, tuonava. Ma non era soltanto il tuono. [/vc_column_text]
“Vi ringrazio tanto, – disse la donna, – ci si sta proprio bene, qui dentro” – “Scusate,ma voi dove andavate, con questo tempaccio?” – “Andavo alla disgrazia – disse la donna, mettendosi a piangere. – Sono rimasta vedova con questi figlioli, non potevo più pagare l’affitto e il padrone mi ha sfrattata. Chissà che cosa sarà di noi domani!”.
Il temporale continuava. E ogni tanto qualcuno bussava alla porticina, in cerca di riparo, e Tre Bottoni lo faceva entrare.
Una volta era un boscaiolo a cui il torrente aveva portato via la capanna. Un’altra volta erano due giovani in viaggio per andare all’estero a lavorare. Poi fu un vecchio cacciato di casa perché non poteva più lavorare. Poi un servitore del re cacciato dalla reggia perché si era ammalato e il maggiordomo non voleva farlo curare.
Prima dell’alba, quando il cielo era più cupo e i tuoni più violenti, un pugno imperioso bussò tanto forte che la casetta ne tremò.
“Aprite” – “Potresti aggiungere per favore”, pensò Tre Bottoni, sorpreso. Ma apri lo stesso e si trovò davanti… Era il re![/vc_column_text]
“E questa gente chi è?” domandò il re, indicando la piccola folla addormentata.
“Dunque, quello è lo zio Caramella, quella è una vedova con i suoi bambini, quello…
Tre Bottoni spiegò ogni cosa a re Bernardino che, ascoltandolo, diventava sempre più triste. “Credevo di essere un buon re, – disse, – e guarda quanta gente disgraziata. Che cos’ho fatto io per questa gente? Molto meno di te, che almeno le hai offerto un tetto per la notte. Tu, a quel che vedo, sei un bravo falegname e alla reggia non ti mancherà il lavoro. Penseremo anche agli altri: chi ha bisogno di essere curato lo sarà, chi ha bisogno di trovare un lavoro lo troverà. In cambio, tu mi darai la tua casa a rotelle: con essa girerò il regno in cerca di persone che abbiano bisogno del mio aiuto. Sei d’accordo?”
Tre Bottoni sposò la vedova e, per far giocare i suoi tre bambini, fabbricò un’altra casetta di legno a rotelle, precisa alla prima. Era piccola cosi, ma ci stavano dentro tutti i bambini della città e se, da ultimo, un gatto voleva entrare, c’era posto anche per lui.[/vc_column_text]