Economie dell’esclusione ed economie dell’inclusione. Marco Vitale agli Incontri di pensiero 2015
Sabato 14 novembre ha preso il via la quinta edizione degli Incontri di Pensiero: Nella giusta misura, la transizione dal liberismo al solidarismo.
Presentiamo un contributo di sintesi del secondo incontro “Economie dell’esclusione ed economie dell’inclusione” tenuto da Marco Vitale, economista d’impresa bresciano.
Scarica la locandina degli Incontri di Pensiero 2015
Tutti gli incontri si svolgeranno presso l’Auditorium Capretti (Istituto Artigianelli, via Piamarta 6, Brescia)
La partecipazione è gratuita ed aperta a tutti.
L’intervento si è sviluppato a partire dai “quattro no” pronunciati da papa Francesco: No all’economia dell’esclusione, No alla nuova idolatria del denaro, No a un denaro che governa invece di servire, NO all’iniquità che genera violenza.
Questi NO, sostiene Vitale, sono lo spartiacque che deve indurci a scegliere quale economia sostenere: cambiando i NO in SI ci troviamo di fronte al pensiero dominante.
Vitale sostiene che le economie dell’esclusione portano alla rovina delle società, al crollo degli imperi e alla marginalità dei popoli – e porta esempi significativi:
- I romani, che nei primi tempi dell’impero seguivano il principio di inclusione e concedevano la cittadinanza romana ai popoli conquistati, assumendone in parte gli usi e le regole; è soltanto la crisi interna del senato che porta al potere i ceti ristretti, in particolare l’esercito, diventando così un’economia di esclusione che deve difendersi.
- l’URSS, in cui la ristretta cerchia dei ceti politici ha sviluppato soltanto la tecnologia militare escludendo l’industria, e pertanto si è sciolta come neve al sole;
- l’impero Inca, conquistato da Pizarro semplicemente catturandone il sovrano: si tratta di un caso classico in cui l’economia di esclusione può essere definita anche economia estrattiva, perché estrae dal popolo tutte le risorse e le concentra nel ceto al potere.
- Gli USA hanno storia simile a quella dell’impero romano: la politica inclusiva del New Deal di Roosevelt ha prodotto 30 anni di benessere distribuito e inclusivo, mentre oggi l’economia statunitense, pur libera e imprenditoriale, si concentra in poteri troppo forti rispetto alla popolazione; la concentrazione, iniziata negli anni 70 del secolo scorso, è esplosa nel 1999 quando il governo Clinton ha abrogato la legge che vietava l’unione tra banche di investimento e banche d’affari.
- In Italia il ceto politico estrae dalla popolazione una quota esagerata di Pil, (il 32% va alle rendite finanziarie) restituendo servizi inadeguati; soprattutto nel sud c’è una grave situazione di esclusione. I più colpiti sono i giovani: ad es., lo scorso anno le iscrizioni delle matricole all’università sono calate del 6% a livello nazionale, del 14% al sud e addirittura del 40% in Calabria.
Soffriamo di pensiero unico, prosegue Vitale, il neoliberismo è inadeguato ad affrontare i problemi della società di oggi. Quella che viviamo non è una crisi, ma un progetto: sostituire la democrazia con il mercato, in particolare quello finanziario, gestito da poteri ristretti ed estrattivi. Il pensiero unico ci ha portato agli avvenimenti del 2008, e se il sistema non è crollato completamente è solo perché le banche sono state salvate dai governi con i soldi dei contribuenti.
Ci sono purtroppo nazioni, e l’Italia tra queste, che stanno seguendo gli USA senza adattare il pensiero unico alla propria realtà – e ciò rappresenta un pericolo democratico molto forte, in quanto si corre il rischio di essere governati da poteri tecnico-finanziari.
La finanziarizzazione del mondo ha elevato il denaro ad idolo: e questa riflessione ci riporta agli altri NO citati all’inizio: No alla nuova idolatria del denaro, No a un denaro che governa invece di servire (e qui Vitale cita le lobby statunitensi che attraverso il denaro condizionano il governo), NO all’iniquità che genera violenza, portando sfiducia che è già una prima forma di violenza.
Al termine dell’incontro, Vitale sollecita una presa di posizione citando le parole di Dostoevskij, secondo il quale “siamo responsabili di tutto davanti a tutti”, e di Quoist che nella poesia “L’umanità ha bisogno di te” afferma:
“se la nota dicesse: ‘Non è una nota che fa una musica …’Non ci sarebbero le sinfonie!”
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