Venerdì 7 febbraio, per festeggiare il primo compleanno di Casa di Tre Bottoni, è andato in scena lo spettacolo “Riprendere il filo”. Il primo di tre appuntamenti in programma quest’anno per affrontare il tema dell’accoglienza e coinvolgere la cittadinanza sul progetto.
Grazie alla musica e alla voce profonda e commovente di Alessandro Adami – musicista e cantante, e alle letture coinvolgenti di Beatrice Faedi – attrice, abbiamo potuto ascoltare il racconto di storie vere che hanno reso vero il racconto di una fiaba. Non una fiaba qualsiasi, ma “La casa di Tre Bottoni”, il racconto di Gianni Rodari da cui prende il nome e si è ispirato questo progetto di accoglienza e inclusione sociale.
La storia narra di un falegname, di nome Tre Bottoni, che decide di andare dal paesello in cui vive verso la città in cerca di fortuna e per mettersi in viaggio si costruisce una casetta su misura con le ruote. Durante il suo viaggio si imbatte in un temporale e, riparatosi nella sua piccola casa per la notte, sente bussare alla porta. Prima uno zio rimasto senza nulla, poi una madre vedova con tre bambini e Tre Bottoni lasciava entrare tutti con lo stesso spirito di accoglienza: «Dove c’è posto per uno c’è posto anche per due. Dove c’è posto per due c’è posto anche per tre». E così via.
mentre i personaggi del racconto bussano alla porta di Tre Bottoni, ecco che entrano in scena anche gli ospiti della nostra Casa: uno ad uno si mettono in fila per chiedere se c’è un posto anche per loro. E la Casa di Tre Bottoni lascia entrare tutti. Accoglie l’uomo rimasto vedovo e che ha dovuto lasciare la figlia ai parenti perché ha perso il lavoro; accoglie la ragazza che sogna di partire per il Brasile; accoglie una donna con tutti i suoi sacchi di vestiti; accoglie il giovane che era partito dalla Basilicata in cerca di fortuna ma è caduto nel vortice delle dipendenze; accoglie la giovane madre nigeriana con il suo bambino di appena un anno che vivevano per strada aspettando di trovare un rifugio; accoglie l’uomo che ha perso suo padre e la speranza per un futuro sereno; accoglie quell’altro uomo che viveva in auto e infine rimase senza impiego. «Dove c’è posto per dieci c’è posto anche per undici».
Rodari conclude la sua storia con un lieto fine: all’alba, finito il temporale, alla porta della casa di Tre Bottoni bussa il Re in persona che, accortosi del gesto di cuore del falegname, decide di fare anche lui la sua parte per aiutare quanti nel suo regno hanno bisogno d’aiuto. Anche la nostra Casa di Tre Bottoni ha avuto tanti piccoli lieto fine. Le cinque persone che hanno lasciato la Casa sono riuscite a “riprendere il filo” della propria vita, ricucendo con coraggio relazioni e sogni, con il desiderio di realizzarli.
Chi è arrivato da poco, invece, riesce già a percepire l’effetto benefico dell’accoglienza in questa casa speciale, sente di avere supporto e sicurezza, di potersi fermare a riflettere e riprogettare i propri obiettivi; una pausa necessaria per non ubriacarsi del caos e della frenesia della società in cui viviamo.
La storia di Rodari invita gli spettatori a riscoprirsi nella figura di Tre Bottoni, come persone che, nonostante le fatiche quotidiane e i sogni ancora irrealizzati, sono capaci di accogliere e di fare spazio nel proprio cuore agli altri, soprattutto chi ha perso il filo della propria vita. L’accoglienza e la fiducia sono l’ago e il filo per rimettere insieme tutti i pezzetti.