Sui quotidiani si dà spesso risalto agli episodi violenti che coinvolgono i giovani. Forse sono aumentati, di sicuro c’è maggior allarme sociale in merito.
Anche il Presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, nella presentazione del Rapporto Benessere Equo e Sostenibile 2021 lo sottolinea: “I fenomeni di bullismo, violenza e vandalismo a opera di giovanissimi, che negli ultimi mesi hanno occupato le cronache, sono manifestazioni estreme di una sofferenza e di una irrequietezza diffuse e forse non transitorie.”
Nel Rapporto si evidenziano dati sconfortanti: negli anni di pandemia sono proprio i giovani tra 14 e 19 anni ad aver conosciuto un deterioramento significativo della soddisfazione per la vita, una diminuzione del punteggio di salute mentale, un aumento della sedentarietà e, in sostanza, una sorta di desertificazione degli affetti.
Cosa si può fare? Si può ricucire lo strappo tra una comunità e chi ha colpito il suo territorio?
La ricetta non ce l’ha nessuno, ma qualche azione è stata sperimentata, partendo da una impostazione che si focalizza sui soggetti danneggiati: perché un reato colpisce almeno due bersagli.
Il primo, naturalmente, è la vittima diretta (quando presente); il secondo, meno ovvio, è il territorio in cui avviene, perché la collettività è vittima indiretta di un reato, e la comunità che lo abita subisce uno strappo. Allora è necessario intervenire a riparare: non solo il danno e il malessere causato alla vittima, ma anche la ferita della comunità.
La giustizia riparativa offre questa possibilità, uno spazio rivolto alle vittime dirette e indirette e l’occasione, per l’autore del reato, di provare a porre rimedio, ricucendo le ferite causate dalle conseguenze della sua condotta.
L’esperimento di Mompiano
Un esperimento in tal senso è stato fatto a Mompiano: protagonisti un gruppo di cittadini e una quindicina di minorenni autori e vittime, tra gennaio e febbraio 2021, di aggressioni verbali e fisiche; epicentro il piazzale Vivanti e le zone limitrofe alla fermata della Metro, ma episodi analoghi si registrarono anche al Villaggio Prealpino e in via Marconi.
Il Tribunale dei minori, attraverso il suo Ufficio di servizio sociale per i minorenni, ha ritenuto di avviare un progetto sperimentale di giustizia riparativa, che ha coinvolto il Comune di Brescia e i suoi Servizi Sociali, l’Istituto di mediazione familiare e sociale, le cooperative Il Calabrone e Bessimo, il Punto comunità di Mompiano.
Gli operatori dell’Istituto di Mediazione hanno lavorato con il gruppo dei ragazzi autori del reato e con quello delle vittime, mentre gli operatori de Il Calabrone con una rappresentanza del quartiere, intervento dal quale è nata una lettera con cui fare capire ai ragazzi il danno provocato. Questi ultimi, con l’aiuto degli operatori, hanno discusso, riflettuto, dialogato e stilato una risposta.
L’ultima fase dell’intervento ha visto l’incontro tra i rappresentanti della comunità e gli autori del reato. Questo incontro si è svolto con la presenza dei mediatori dell’Istituto di mediazione ed i facilitatori della cooperativa Il Calabrone.
Questo intervento, nato in risposta ad un reato compiuto da un gruppo di ragazzi all’interno di un territorio, riteniamo sia diventato un’occasione, sia per i ragazzi che per la comunità grazie a questa progettualità sperimentale. Infatti, la possibilità di incontro e di confronto non potrà che essere possibilità di crescita e condivisione per tutte le persone coinvolte e indirettamente per la cittadinanza e il quartiere.
L’importanza delle azioni riparative
Michele Tomasoni, responsabile del servizio ALI, intervenendo all’incontro (tenutosi a Mompiano nel mese di maggio 2022) ha spiegato la ragione per cui sono importanti le attività riparative:
“Tradurre un’azione che è stata criminale con un’azione utile va a lavorare sul tema identitario, cioè sulla possibilità di identificarsi nell’azione utile. È bello che ogni tanto i ragazzi si possano rispecchiare in qualcosa di bello, in qualcosa di utile, non più nel reato ma nell’utilità dell’attività riparativa.
L’attività riparativa può diventare anche azione di prevenzione: da un lato permette di creare volti amici all’interno di un territorio, e quindi di abbassare le emozioni negative; dall’altra parte aumenta il senso di responsabilità perché quei volti li conosco e mi conoscono.
E, non da ultimo, le attività riparative permettono di avvicinare i giovani agli adulti e agli anziani, di creare cittadinanza attiva, di essere partecipi; riparare deve essere un’occasione per condividere, per valorizzare e sviluppare competenze per tutti, non solo per gli autori di reato”.
Insomma, contrastare il vandalismo non può essere un problema soltanto di repressione o di ordine pubblico; “la crescita di questi ragazzi – ha sottolineato la procuratrice dei minori, Giuliana Tondina – è responsabilità anche delle comunità”