Abitare non significa solo avere una casa.
Il vocabolario Treccani dice nella sua definizione che “La dimora può essere anche intesa in senso figurato, come posto dove si trova qualcosa o qualcuno” e credo che molti dei nostri luoghi per qualcuno siano “casa” proprio in questo senso.
Penso alla Comunità Terapeutica o alla Comunità del Reinserimento, che diventano casa per un periodo di tempo e per un obiettivo specifico, ma per quel momento sono Casa.
Penso agli spazi che accolgono i giovani, dall’Informagiovani, a Piastra Pendolina, a Spazio Mazzucchelli, luoghi che vengono vissuti per tanto o poco tempo, per situazioni circoscritte come i laboratori o gli eventi, ma che diventano posti in cui ragazzi possono stare ed esprimere sé stessi, con le loro risorse e fatiche.
Penso al Progetto Strada, un posto a volte di passaggio, a volte di permanenza per chi una casa non ce l’ha. Così come a Casa Tre Bottoni, al Villaggio Solidale, al Dormitorio Chizzolini.
Credo che tutti questi luoghi, pur essendo molto diversi per finalità, utenza, operatori e modalità di intervento, siano accomunati dal grande sforzo degli operatori che ci lavorano per renderli “casa” ovvero luoghi, più o meno belli, in cui poter trovare qualcuno che accoglie, nonostante tutto.
Restringendo il campo al settore disagio adulto che si occupa di Abitare, rivolgendosi a una categoria di persone particolare, che sono le persone in difficoltà (a volte anche solo economica), ho capito del significato di questa parola.
Abitare significa:
- Arrivare al Dormitorio Chizzolini e raccontare all’operatore “sono sceso dalla metro e stavo venendo verso casa….”
- Entrare al Progetto Strada e trovare “chi non mi fa sentire a disagio per la condizione in cui sono, perché sono davvero brutto in questo momento, ma vengo qui perché così almeno mi fanno la tinta ai capelli”
- Stare a Villaggio Solidale e dire “Non voglio presentare la domanda all’Aler per una casa perché questa è la mia casa e io non posso andare in un altro posto, anzi, non voglio”
- Lasciare la casa di Castegnato e dire ai responsabili “forse è necessario che ridefiniate i tempi di permanenza delle persone perché qui mi sono sentito troppo a casa, non vorrei andare via ora”
- Vivere un anno da fuori sede a Casa Ramè e chiedere a chiusura del percorso “dammi ancora un pochino di tempo qui, perché non ho ancora trovato una nuova sistemazione”
- Sentir bussare alla porta di Casa di Tre Bottoni perché qualcuno fuori chiede “Accoglimi, perché non ho uno stipendio che mi permette di pagare un affitto privato, non so dove stare”
- Trovarsi davanti agli operatori dell’Housing First e piangere perché “non ricordo da quanto tempo non ho una casa e non ho uno spazio mio”
LA BELLEZZA
Un posto è bello perché ci sono i mobili nuovi o di design? Perché c’è ordine e pulizia? Perché gli interni sono stati progettati o studiati da architetti? Forse sì, i luoghi strutturalmente belli hanno il loro perché, donano bellezza anche dentro chi li vive, ma non solo.
Bello è anche:
- Che ognuno possa lasciare un segno della sua presenza e del suo passaggio
- Che ognuno possa in quel determinato posto prendersi cura di sé e se non riesce a farlo da solo c’è qualcuno che lo fa insieme
- Che ognuno possa sentirsi in un posto accogliente, caldo (soprattutto in inverno), dove ci sono volti famigliari, vicini.
Perché abitare è costruire legami in luoghi che le persone sentono come sicuri.