Queste sono alcune delle affermazioni che ci sentiamo dire dai ragazzi e dalle ragazze che incontriamo durante i percorsi di prevenzione nelle scuole, all’interno dei servizi di politiche giovanili e di limitazione dei rischi e del danno. Sentirle ci stimola riportare nel lavoro di ogni giorno l’attenzione su questo tema e ad affrontare questo argomento evitando giudizi morali e preconcetti.
Iniziamo con un po’ di storia…
Dall’inizio degli anni Ottanta fino a metà degli anni Novanta l’infezione da HIV ha dilagato in particolar modo nella comunità LGBTQIA+ e tra le persone tossicodipendenti.
Per questo motivo l’infezione, fin dalla sua comparsa, ha etichettato una realtà fatta di disagio e promiscuità e non si pensava potesse coinvolgere persone eterosessuali con uno stile di vita “ordinario”.
Negli anni tale convinzione è stata smentita dall’incidenza dell’infezione anche in rapporti eterosessuali. Solo allora le campagne di prevenzione – che prima incoraggiavano a mantenere le distanze da persone giudicate in quegli anni come “ambigue” e “pericolose”, “portatrici di malattie” o persino “immorali” – si preoccuparono di divulgare informazioni rispetto all’uso del preservativo.
E diamo qualche dato e qualche informazione…
ancora oggi in Italia, ogni giorno 10 persone scoprono di avere l’HIV (di queste, 2,5 in Lombardia).
scoprire di avere l’HIV non significa avere l’AIDS (se avete ancora dei dubbi cliccate qui e cercate la scheda dedicata all’HIV).
il tasso di mortalità per AIDS oggi è fortemente diminuito, questo soprattutto grazie alla ricerca e gli avanzamenti in campo medico sulle terapie.
È vero, le azioni di prevenzione hanno lanciato messaggi chiari: basta indossare il preservativo, tenersi controllati e non cambiare partner spesso o, ancora meglio, evitare del tutto di avere rapporti sessuali.
Ma quanto pesano queste richieste sulla vita sessuale di un giovane d’oggi? Quanto sono “al passo coi tempi”?
Se, infatti, ancora oggi c’è una voce istituzionale che esalta la castità e l’autocontrollo, dall’altro lato esiste un universo di contenuti di intrattenimento che raccontano una sessualità sempre performante, infallibile e, soprattutto, incurante rispetto al tema della prevenzione.
Una domanda – simbolo anche di tanti altri cambiamenti auspicati a parole (dalla differenza di genere al cambiamento climatico, dalla discriminazione ai diritti dell’uomo) – sorge spontanea: com’è possibile innescare un cambiamento nel comportamento se i messaggi usati non “parlano” della realtà vissuta?
Noi, adulti e operatori sociali, dovremmo imparare a masticare davvero il dizionario del sesso e dell’HIV e usarlo per parlarne in modo efficace.
Hai provato i preservativi al caffè?
Ma hai sentito che ci sono anche quelli che ti fanno durare di più?
Io ho provato quello femminile e non è male.
Io lo metto perché così son tranquillo.
Metto il preservativo perché non voglio infettare o infettarmi.
Queste sono le frasi che vorremmo sentirci dire dai ragazzi…