Questa estate era periodo di cambiamenti in casa Baobab. Due dei cinque coinquilini stavano per terminare il periodo di convivenza ed era quindi tempo di proporre il progetto a nuovi giovani: ci mettevamo così alla ricerca di ragazzi attivi e motivati, pubblicizzando la nostra proposta in tutto il territorio. Una volta finito il periodo per le candidature, avevamo in mano una decina di curricula di ragazzi molto diversi tra di loro, e il nostro compito era “premiare” i due che avessero espresso con maggior vigore la voglia e l’entusiasmo necessari per far parte di questa avventura-
Nel frattempo Beatrice, una giovane universitaria della Cattolica, era alla ricerca di un alloggio per assecondare il suo desiderio di autonomia e riuscire quindi ad andare a vivere da sola. Tra annunci e pagine web, ecco balzarle sotto gli occhi il bando per casa Baobab, e veniva attirata soprattutto dalle attività di volontariato presenti nel progetto, oltre che dalla possibilità di cambiare vita per un po’.
“Ma sì dai, provo a mandare il curriculum. Si sa come sono queste cose, è difficile essere scelti quando ci sono opportunità come questa; ma non si può mai sapere…magari ce la faccio…” pensava un po’ disillusa.
Ci erano arrivati diversi curricula, tutti ragazzi in cerca di un cambiamento nella loro vita, e in particolare alcuni avrebbero poi dimostrato una motivazione molto forte verso il progetto e verso il mettersi in gioco in prima persona. Si apriva così il valzer dei colloqui con i vari ragazzi, dai quali erano spiccate due ragazze molto attratte da questa possibilità di convivenza; una di loro era proprio Beatrice.
“Non ci potevo credere! – racconta oggi Beatrice – Quando dopo i colloqui mi hanno comunicato di essere stata selezionata mi sentivo come se avessi vinto i mondiali! Sarebbe cambiato tutto, avevo sempre vissuto con i miei e di colpo avevo un mese per traslocare. È stato strano, ma comunque bellissimo”
Ecco quindi l’arrivo in casa di Beatrice e Agnese, le due nuove arrivate che si sarebbero trovate a convivere per qualche tempo con Marco, Rebecca e Andrea, i tre “baobab” che già da alcuni mesi avevano iniziato la loro attività: le pulizie degli uffici della cooperativa e, soprattutto, il sostegno ai giovani inquilini di casa Bukra, minori stranieri da supervisionare durante la notte, con i quali si sarebbero anche dovute imbastire attività per facilitarne l’integrazione sociale. Con loro si era subito instaurato un rapporto molto amichevole, condito da tanti momenti di condivisione come il caffè a casa Baobab o le chiacchere a tempo perso tra i corridoi della struttura.
Con l’arrivo del periodo natalizio, dopo essere passati per cene di gruppo e serate film, in un clima di grande accoglienza e complicità, i nostri giovani volontari dovevano decidere cosa fare insieme ai ragazzi di casa Bukra: c’era bisogno di trasmettere un po’ di spirito natalizio, anche perché alcuni dei minori non avevano neanche mai fatto un albero di Natale. Così i due gruppi uniti si adoperavano nel decorare la struttura ospitante la cooperativa, riuscendo a mettere le basi per una comunità di ragazzi tanto diversi, ma anche tanto uniti dalla voglia di alimentare pratiche di buon vicinato, aiutandosi sempre l’uno con l’altro.
Biscotti natalizi, merende e pause caffè trascorse in compagnia. Insomma, la quotidianità dei ragazzi era sempre più condita dallo stare insieme, rispetto anche agli impegni dei volontari tra studio e vita privata. Ma quello era un Natale diverso, più ricco di significato; la stessa Beatrice si trovava di colpo a riscoprire emozioni ormai sbiadite dalle abitudini rituali, come la semplice vista di un albero di Natale tutto decorato. Lo stupore e la gioia negli occhi dei giovani Bukra si rifletteva nello spirito di tutti, dipendenti e lavoratori compresi. Un Natale diverso, un Natale più autentico.
“Noi Baobab condividiamo qualcosa di più che un semplice appartamento. Se da una parte ti senti responsabilizzato, dall’altro sei decisamente coinvolto dal lato emotivo. Se vuoi fare un’esperienza così, devi crederci fino in fondo e dare tutto te stesso. E la cosa più bella, quando la sera devi rientrare dall’università, è incominciare a sentire di tornare a casa. Due anni non sono pochi, ma i timori che potevano esserci inizialmente scomparivano man mano, e dopo un mese cominciavo a sentirla davvero come casa mia”.
Negli anni a venire questo progetto vedrà arrivare e partire tanti giovani ancora, sicuramente molto diversi tra loro, ognuno con i suoi gusti, le sue abitudini, i suoi vizi e le sue abilità, tutti però uniti nel cercare di accrescere la propria autonomia, attraverso l’impegno a far vivere in armonia questo nostro, strano, meraviglioso “vicinato”.