“Uscendo da casa stasera ero così arrabbiata con mia figlia che le ho detto: “vado all’ultimo incontro del corso, dove insegnano a non far fuori i figli adolescenti”.”
“Da una settimana non vuole più che lo accompagni fino a scuola, si fa lasciare 300 metri prima perché si vergogna.”
“Se non lo aiuto a fare il compito di matematica finisce che va a scuola e prende 5.”
“Quando andavo alle superiori mi impegnavo, non ho mai avuto giù una materia da dover recuperare durante l’estate: perché ci tenevo, per rispetto verso i miei genitori.”
“Mi pare di dover stare attenta a mille cose, mi sembra di dover essere sempre in allerta perché c’è anche la sfera della tecnologia da monitorare.”
Alzino la mano i genitori di adolescenti e preadolescenti che si riconoscono nelle frasi scritte qui sopra (frasi vere, pronunciate durante una serie di incontri con gli psicologi e gli educatori del centro specialistico “La Fenice”).
Essere genitori durante l’adolescenza
I figli e le figlie cambiano d’improvviso e i genitori si sentono disorientati, non sanno come agire (e reagire), chiedono consigli e aiuti, sempre con la paura di sbagliare e di essere inadeguati. Perché il mondo cambia così velocemente che anche i genitori più giovani appartengono a un’altra era rispetto ai propri figli (che glielo fanno notare, naturalmente).
È quasi superfluo precisare che non ci sono ricette universali per risolvere il problema ed evitare i conflitti (e comunque non si deve aver paura di un conflitto sano, se è fatto per dire delle cose, per affermare che nella contrapposizione ci si rimane male: perché permette all’altra persona di chiarire il proprio pensiero e, quindi, di evolversi).
Tuttavia, è utile richiamare alcune riflessioni che possono servire a ridurre l’ansia genitoriale.
L’adolescenza
L’adolescenza non è una malattia; gli adolescenti non sono bambini più grandi né adulti più piccoli. Verso i 10 anni cominciano un processo di maturazione della capacità di introspezione, di definizione della propria identità, che si completerà intorno ai 21 anni.
L’adolescenza è una fase di vita “tra il non più e il non ancora”, una fase di grande incertezza – paragonabile, per un adulto, a cambiare lavoro o casa: situazioni di cui non conosciamo l’esatta evoluzione. Come ci sentiamo?
Quando un figlio entra nell’adolescenza, tutta la famiglia è coinvolta perché si trasformano le dinamiche familiari. Se da bambini si fanno cose per compiacere i genitori, per farsi amare, da adolescenti si deve svolgere il proprio compito evolutivo: ciò che l’adolescente sogna per sé non è detto che corrisponda a ciò che l’adulto sogna per lui/lei.
Non è fondamentale dare risposte, ma farsi sentire interessati.
La relazione come strumento educativo
Lo strumento che abbiamo noi adulti coi nostri figli è la relazione: comunicare che può farcela, che mi fido di lui (di lei).
È importante mantenere canali comunicativi aperti, perché i momenti del comunicare (purtroppo!) non li scegliamo noi. Spesso capitano dopo una giornata di lavoro, mentre si prepara la cena. Ma è proprio in quei momenti che loro si aprono: dobbiamo coglierli e cercare di creare altre occasioni simili.
Se invece non vogliono parlare, rispettiamo il loro silenzio. Se una domanda non funziona, perché continuare a farla? Impariamo a riconoscere quando è il momento di ascoltare e quando è il momento di lasciarli stare.
Ricordiamoci che loro ci cercano se siamo persone capaci di ascoltare, perché hanno bisogno di noi e ci guardano per capire che tipo di adulti siamo, come affrontiamo la vita, che scelte facciamo, che ideali e che valori abbiamo, se siamo coerenti.
Gli adulti come punto di riferimento
Non possiamo fingere con gli adolescenti: l’autenticità si percepisce anche senza parole.
Una buona comunicazione li aiuta a costruire la loro mappa del mondo, un esempio di come affrontare la vita. Se trasmettiamo solo pessimismo, il bicchiere mezzo vuoto, non li aiutiamo; se d’altra parte facciamo al loro posto, diamo l’idea che non siano capaci. È fondamentale incoraggiarli a fare esperienze e a sentirsi competenti.
È giusto che facciano i loro tentativi. Cerchiamo di non essere giudicanti, di non generalizzare.
I responsabili del clima di casa siamo noi. Non dobbiamo mettere in mano ai figli il potere di determinare l’atmosfera di casa. La casa deve essere un porto sicuro, un luogo dove confrontarsi e sperimentare la felicità reciproca.