SanPa, la docuserie su San Patrignano visibile in questi giorni su una nota piattaforma di streaming, ha diversi pregi.
Racconta attraverso vive e interessanti testimonianze; usa immagini d’archivio che ricostruiscono la storia della comunità; adopera un linguaggio in grado di parlare a tante persone, anche a chi ha meno di 30 anni. Ulteriore elemento di merito è che grazie ad essa si sta di nuovo parlando di dipendenze, interventi sociali, diritti.
Sono a tratti sorpreso, però, dai toni del dibattito che sta seguendo la sua messa in onda, perché mi pare ci si dimentichi di un elemento fondamentale: SanPa è una docuserie su San Patrignano. Sbaglia, quindi, chi si aspetta un’analisi approfondita sul fenomeno della droga dagli anni Settanta ad oggi e anche chi vorrebbe il resoconto degli interventi educativi e sociali in questi quarant’anni. San Patrignano, e a maggior ragione la serie su di esso, è una piccola porzione di una complessità più ampia e quindi non rappresenta il tutto.
Sono tante le realtà che negli ultimi quarant’anni si sono occupate di dipendenze, cercando di trovare la strada giusta, facendo errori, ottenendo risultati, creando relazioni, aiutando tanti ragazzi e purtroppo perdendone spesso altrettanti per strada. Ognuna di queste realtà può raccontare una storia, una storia diversa che merita di essere conosciuta.
La Cooperativa Il Calabrone è nata a Brescia nel 1981, in un vecchio prefabbricato, grazie all’impegno di un gruppo di amici sensibili ai temi sociali e di un operatore. Con loro c’era un prete operaio, don Piero Verzeletti, disponibile ad accompagnarli e a farsi carico dell’impresa, ad aspettarli alcuni ragazzi che volevano liberarsi dalla droga.
La nostra storia è diversa perché fin dai primi anni di pionierismo degli interventi sociali, la comunità ha dialogato e si è confrontata con il quartiere e la città, senza occultare alla vista le persone dipendenti da eroina e optando da subito per il principio della libera scelta e del rispetto della dignità dell’individuo. L’intuizione di fondo era che le persone dipendenti sono parte della società e con essa devono confrontarsi, non restarne escluse. Una strada complessa, che prevede fatiche, inciampi, fallimenti, ma che permette, alla fine del percorso di recupero, di costruire una base solida con cui muoversi nel mondo reale.
La nostra storia è diversa perché abbiamo scelto di fare comunità, accogliendo poche persone per volta e riconoscendo ciascuno con il proprio nome, la propria storia e il proprio diritto di scegliere.
La nostra storia è diversa perché si è incrociata da subito con quella delle altre realtà che si occupano di dipendenze ed è per questo che abbiamo aderito al Coordinamento nazionale delle Comunità di Accoglienza, che racchiude un caleidoscopio di “comunità accoglienti”, ovvero capaci di accompagnare, condividere, sostenere la vita delle persone, in particolare di quelle che più faticano. Oggi il CNCA è composto da circa 260 enti del terzo settore, presenti in quasi tutte le regioni d’Italia, fra cooperative sociali, associazioni di promozione sociale, associazioni di volontariato, enti religiosi. Opera in tutti i settori del disagio e dell’emarginazione, con l’intento di promuovere diritti di cittadinanza e benessere sociale.
La nostra storia è diversa perché con l’esplosione della diffusione dell’Hiv, sul finire degli anni Ottanta e dai primi anni Novanta, abbiamo scelto di impegnarci nelle scuole e nei quartieri, formandoci e attrezzandoci per promuovere una cultura della conoscenza e della prevenzione nelle giovani generazioni. In quegli anni abbiamo scelto di offrire spazi di tregua, prevenire i contagi e offrire possibili vie di uscita a chi nelle piazze continuava a farsi, attivando educativa di strada e servizi a bassa soglia di accesso.
La nostra storia è diversa perché abbiamo scelto da sempre il dialogo, l’integrazione e il confronto con la pubblica amministrazione – nonostante il tema droga e Hiv abbiano visto le istituzioni spesso in grave e colpevole ritardo – senza mai rinunciare all’autonomia e alla critica, ma disponibili ad aprire le porte per poter essere parte di interventi sociali pubblici, universali e ad accesso libero.
La nostra storia è diversa perché negli anni, con il mutare dei fenomeni sociali, abbiamo scelto di formarci, unendo alla passione iniziale la professionalità dell’agire, realizzando nuove forme di intervento in grado di rispondere ancora alla questione delle origini: il disagio sociale dei più giovani e dei più fragili.
Sì, SanPa fate bene a guardalo… È una storia importante con i suoi drammi, delitti e successi, ma non è LA storia, perché esistono anche storie diverse!
Alessandro Augelli