Coltiviamo la memoria
Non è stata una celebrazione, perché don Piero non l’avrebbe gradita: non amava apparire, tantomeno gli piaceva il palcoscenico pubblico. Abbiamo “fatto memoria”, abbiamo ricordato: perché, come diceva lui, ricordare significa mantenere in vita.

Eravamo al Villaggio Prealpino, il quartiere che a lungo ha condiviso l’esperienza di don Piero e del Calabron: la memoria è ancora viva, nonostante la sede della cooperativa sia ormai in un’altra zona, e le tante persone presenti ne sono una testimonianza.
L’ha rilevato Enrico Mirani del Giornale di Brescia, l’autore del libro presentato nel corso della serata: “Dalla parte degli ultimi – La frontiera di don Piero Verzeletti” edito da Liberedizioni.
“Non conoscevo personalmente don Piero – ha raccontato Mirani – ma tutte le persone che ho intervistato mi hanno rimandato la stessa immagine: un uomo che amava confrontarsi con le novità, senza timori, chiusure o pregiudizi. Una attitudine frutto di maturazione umana, scelta ideale, indole personale. Era carismatico, ironico, attento alla singola persona, profondamente impegnato a favore degli ultimi. Ascoltava e non giudicava.
Non voleva salvare il mondo da solo: voi che siete qui siete stati coinvolti nel suo progetto – continua Mirani – e siete testimonianza che la semina delle idee, espressione cara a don Piero, ha portato frutti”.

Don Piero era un grande appassionato di musica, da Bach a Sting ai canti gregoriani. Considerava la musica una forma speciale di preghiera: avrebbe certamente gradito l’esecuzione delle due corali che si sono esibite nel difficile ma ricco programma che vedete qui sotto.
Il Coro Città di Brescia e la Corale Santa Maria Assunta di Gussago hanno cantato insieme ogni brano.

Per riuscire a comprendere la personalità e l’operato di don Piero prendiamo in prestito uno stralcio del libro:
«Don Verzeletti non si limitò a pensare, progettare e realizzare un ambiente, fisico e morale, dove recuperare i ragazzi prigionieri della droga, ma si fece lui stesso terapeuta, con la necessaria sensibilità e formazione professionale. Anche se questo significò, per lui sessantenne, tornare sui banchi di scuola. Del resto, la curiosità verso la conoscenza è stata uno dei tratti distintivi di don Piero Verzeletti. Le testimonianze di chi l’ha conosciuto oppure gli è stato vicino per tanti anni al Calabrone – come volontario, operatore, fondatore, socio o dirigente della Cooperativa – sono unanimi nel descrivere un uomo che amava confrontarsi con le novità, senza timori, chiusure pregiudizi. Una attitudine frutto di maturazione umana, scelta ideale, indole personale, che riguardava la cultura, gli avvenimenti, gli individui.»
L’attività mentale era copiosa in don Piero. Ecco uno dei pensieri che disseminava nei suoi foglietti:
A proposito del Dono:
è l’invenzione di Dio per liberare il mondo da tutti i suoi calcoli, da tutte le sue schiavitù, da tutte le sue morti
perché tutte le creature, di ieri, di oggi, di domani siano nel felice godimento delle persone libere.

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