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don Giacomo Panizza, sacerdote bresciano «prestato», come sottolinea, da più di trenta anni alla Calabria. Nel 1976 fonda a Lamezia Terme ‘Progetto Sud’, comunità di gruppi autogestiti, di famiglie aperte e di servizi, iniziative di solidarietà, condivisione, accoglienza per soggetti svantaggiati. Dal 2002 vive sotto tutela dopo le gravi minacce di morte del clan Torcasio per aver deciso di prendere il gestione un palazzo confiscato da destinare ai disabili. Sono poi seguiti molti attentati, anche alle auto dei disabili. Ma respinge seccamente l’appellativo di ‘prete antimafia’.
«Noi preti abbiamo centomila cose da fare per predicare l’amore e costruire la pace e la giustizia. Poi se c’è anche da resistere ai mafiosi, dobbiamo resistere. Anche se è meglio che si convertano. Noi preghiamo perché cambino. E facciamo di tutto perché cambino. Venti giorni fa quando ci hanno messo un’altra bomba hanno scritto «prete antimafia». Ma in questa veste non mi ci trovo. Io mi trovo con la gente dove costruiamo la vita buona, la libertà, un po’ di sviluppo, quelle cose che ci servono al Sud».