“Housing First è un progetto con un punto di vista innovativo” – spiega Daria Braga, educatrice di questo progetto nato dalla volontà del Comune di Brescia e gestito in collaborazione con i Servizi Sociali.
“Si rivolge alla grave marginalità adulta, persone senza casa che vivono in strada o che da anni frequentano i dormitori, che possono avere o hanno avuto problemi di dipendenze da sostanze e da alcool o gravi patologie, anche psichiatriche. Spesso sono fuori dal mondo del lavoro da tempo oppure entrano ed escono in maniera precaria e sono in una condizione di isolamento sociale e relazionale. Sono persone per le quali, per caratteristiche personali o storie di vita, interventi più canonici in passato si sono rivelati inefficaci”.
Perché è innovativo l’Housing First?
L’Housing First ribalta gli approcci classici, dove solitamente l’assegnazione della casa è lo step finale di un percorso in cui vengono prioritariamente definiti e assegnati una serie di obiettivi da raggiungere per ottenerla, quasi fosse un premio finale.
Nell’Housing First, invece, la casa è considerata un diritto di ogni persona e viene assegnata senza condizioni. L’intervento abitativo, cioè l’assegnazione della casa, è separato dall’intervento educativo, dal raggiungimento di determinati risultati.
L’assegnatario accetta soltanto di incontrare una volta alla settimana un operatore, che lo affiancherà in un intervento terapeutico, e di partecipare alle spese dell’abitazione. Se l’inquilino non possiede reddito può contribuire partecipando ad attività di volontariato.
Il focus è l’autodeterminazione, per consentire alle persone di prendere decisioni sulla propria vita in autonomia.
Se la decisione dell’ospite è quella di non fare delle scelte di cambiamento ma di rimanere nella condizione in cui si trova, l’operatore non interviene: resta semplicemente accanto e dà un rimando rispetto alle conseguenze che potrebbero derivare dalle scelte fatte o non fatte. Non giudica, non condiziona. Può stimolare la riflessione e proporre opportunità, ma senza coercizione.
Funziona sempre questo metodo non invasivo?
“Dipende da cosa intendiamo per “funzionare”: per noi è un successo anche solo togliere una persona dalla strada e darle un posto sicuro dove dormire e lavarsi tutti i giorni. Ci sono casi di ospiti che, pur avendo una casa e un letto, dormivano per terra; addirittura un’ospite restava in casa per due o tre giorni alla settimana e poi tornava in strada perché le mancava l’odore dell’asfalto.
Lasciare andare abitudini che per anni hanno fatto parte della propria vita e della propria storia non è semplice.
Anche per gli operatori non è facile adottare un approccio così diverso da quelli che solitamente vengono utilizzati: è necessario uscire dall’ottica obiettivo-risultato-premio, qualche volta limitandosi a osservare e, soprattutto, a non sostituirsi alle scelte delle persone.
Talvolta si deve fare i conti con la frustrazione nel vedere che non ci sono miglioramenti, o con problemi di coscienza, quando capita di dover accettare scelte che mettono persino a rischio la vita degli ospiti.
Non è facile stare accanto a persone altamente problematiche limitandosi a far presenti le conseguenze di una decisione, ma così facendo si restituisce loro il riconoscimento della propria capacità – o responsabilità – di fare scelte nella propria vita, magari per la prima volta.
L’isolamento sociale e relazionale è fortemente limitante e dannoso per chi vive in strada.
Avere un luogo sicuro, che ripara dal caldo o dal freddo e dai rischi della strada, e l’incontro settimanale con un operatore sono fattori che possono contribuire a far scattare dei cambiamenti: entrare in relazione con qualcuno spinge a prendersi cura di sé, sia dal punto di vista igienico e sanitario sia psicofisico, liberando energie da dedicare a ricostruire la propria vita.
I numeri del progetto
Nei due anni di attività sono state inserite 13 persone: 7 vivono attualmente in appartamento, 3 hanno ottenuto una casa ALER e oggi vivono in autonomia, 2 sono state allontanate e una persona, purtroppo, è andata in carcere per problemi precedenti.