Molti dei giovani che incontriamo sono disorientati: non scelgono cosa fare nella loro vita, non si conoscono, faticano a capire cosa gli piace e cosa non gli piace e ad avere un sogno, un desiderio. Si preoccupano dell’oggi e non riescono a vedersi nel futuro. Per loro scegliere sembra precludere delle possibilità, perderle, e non scegliere crea l’illusione che tutte le porte rimangano aperte.
Abbiamo tutto a portata di mano, prendere decisioni non sembra necessario.
Queste dinamiche si riflettono anche sul modo in cui si avvicinano al mondo del lavoro. Lavorare richiede impegno, pazienza, costanza e sacrificio: una scelta, appunto. Un requisito che spinge i giovani ad abbandonare il lavoro alle prime difficoltà e ne smorza la volontà di portare avanti l’attività lavorativa.
All’Informagiovani cerchiamo di lavorare con loro sulle competenze di tenuta: imparare a stare nella fatica – perché far fatica non significa che le cose non funzionano – andare in profondità e non fermarsi alla superficie, riconoscersi dei limiti, insistere, darsi degli obiettivi di miglioramento.
Un compito complesso con una generazione che la crisi climatica, la guerra, la pandemia, hanno costretto ad una programmazione settimanale della propria vita.
Un cambiamento culturale, non solo generazionale
Stiamo vivendo un sostanziale cambiamento culturale nel mondo del lavoro: flessibilità e precarietà si sono sostituite all’idea del posto fisso che ormai non è più la priorità dei giovani.
Molte delle nuove professioni permettono una maggiore fluidità. Non è raro che oggi i giovani facciano più lavori contemporaneamente, lavorando da casa o anche in luoghi diversi dalla sede di lavoro, cambiano lavoro più frequentemente passando da un’azienda all’altra, cercando condizioni di lavoro migliori.
Gli stessi contratti che solitamente gli vengono proposti – a progetto, a chiamata, a collaborazione occasionale, stage e tirocini – da un lato garantiscono questa flessibilità, dall’altro generano precarietà e povertà. Le condizioni contrattuali sono spesso incompatibili con una vita sostenibile economicamente, creando sconforto e rassegnazione. Il diritto all’abitazione per i giovani oggi non è più un diritto: sono pochi coloro che riescono a potersi permettere un affitto o di abitare da soli perché le spese sono troppo elevate e ci sono casi limite in cui lavori o tirocini a tempo pieno sono retribuiti dai €500 agli €800 al mese.
Si posticipa il momento in cui sperimentare la vita in autonomia, responsabilizzarsi e crescere.
Il 50% dei bambini che oggi fanno le elementari faranno un lavoro che ancora non esiste ed è tutto da inventare. È vero, parliamo di professioni legate al mondo dell’innovazione e della tecnologia, per i quali la formazione è ancora piuttosto limitata ma per il momento c’è ancora un sostanziale scollamento tra scuola e mondo del lavoro.
La scuola e l’università non preparano i giovani alle professioni emergenti; manca una formazione adeguata e mirata a nuove esigenze lavorative. In questo modo i giovani, dopo anni di formazione, si affacciano al lavoro impreparati e disorientati, con grandi lacune su alcuni settori.
Se aggiungiamo che gli errori, oggigiorno, sono poco tollerati e visti come un fallimento, si capisce come questa esperienza spaventi molto le nuove generazioni. Eppure, sono proprio gli errori ciò da cui più si impara.
Un esempio di iniziativa che in passato abbiamo organizzato per esorcizzare questa paura sono le F*ck Up Nights: incontri di testimonianza in cui si parla di quei grandi fallimenti che sono stati motore di cambiamento e hanno innescato processi di crescita. Con questi incontri apriamo delle vere e proprie palestre dell’errore, dei luoghi e gruppi di mutuo aiuto per allenarsi a scorgere il successo nei fallimenti.
Giovani, lavoro e futuro. Sono elementi essenziali il cui incontro delinea le prospettive di un’intera società. Di fronte al loro disagio e alla loro fatica, sono le relazioni e la fiducia che ci guidano nei servizi e nei progetti che, ogni giorno, ci trovano impegnati.