Se c’è uno strumento che può consegnarci una fotografia dello stato di salute psicologica di giovani e giovanissimi questo è lo Sportello d’Ascolto nelle scuole. Negli ultimi anni gli accessi a questo genere di servizi si sono moltiplicati dimostrando che il tema riveste una centralità sempre più significativa.
Ci pare che i motivi di questo aumento di richieste nei confronti degli Sportelli d’Ascolto siano due, in parte sovrapponibili: da un lato riscontriamo un effettivo aumento del malessere psicologico tra ragazzi e ragazze di cui il periodo Covid è stato forse un momento disvelatore, ma dalle radici più profonde. Dall’altro lato è cresciuta l’esigenza da parte dei giovani di confrontarsi con adulti che, fuori dal nucleo familiare e dal giro degli amici, possano accompagnarli nel misurarsi con le difficoltà della loro vita. Nelle nuove generazioni è caduto lo stigma nei confronti di chi si avvale di uno psicologo, anzi sempre più prendersi cura della propria salute psicologica è considerato necessario e fondamentale.
In questo contesto gli Sportelli d’Ascolto sono come un radar che permette di individuare ciò che si muove, quali sono i principali fattori di malessere, le preoccupazioni e le paure dei ragazzi e delle ragazze.
L’ansia generata dalla performance
Un tema che emerge con forza è quello dell’ansia da prestazione. Nella nostra società la performatività è diventata pervasiva non solo per quanto riguarda la scuola ed il lavoro, ma anche nelle relazioni, nel rapporto con lo sguardo dell’altro. Il successo o il fallimento personali vengono misurati non solo in base ai voti a scuola, ma anche alla popolarità sui social o all’interno del gruppo dei pari o all’apprezzamento che percepiscono da parte dei genitori.
Queste condizioni portano i ragazzi e le ragazze a formare la propria identità sul riscontro che ne danno gli altri, generando in alcuni casi stati d’ansia che spesso li accompagnano fin dall’età scolare.
Un altro tema, in parte conseguente all’ansia da prestazione, è quello della demotivazione scolastica, che si evidenzia spesso già alle scuole medie. I fattori che la determinano sono ampi e variegati: la fatica della performatività che, a differenza del passato, non riflette un rifiuto del meccanismo di valutazione, ma spesso rappresenta una protezione, un “ritiro” all’interno del proprio privato.
A volte a pesare è la percezione di una “mancanza di senso” della scuola. Spesso si sente dire “faccio solo ciò che mi interessa”: in un contesto sociale in cui si è abituati a valutare l’efficacia di qualcosa solo in base alla sua funzionalità, i saperi che non hanno un risvolto pratico immediato secondo le inclinazioni degli studenti e delle studentesse rischiano di essere considerati poco utili e conseguentemente, meno eleggibili.
In parte ciò è il frutto di una percezione della scuola, sempre più diffusa, solo come ambito della formazione funzionale alla futura ricerca di un lavoro e non come luogo che concorre alla socializzazione, a creare la propria identità.
Eppure, i ragazzi e le ragazze sono tutt’altro che superficiali, quando nutrono interesse per un dato argomento lo approfondiscono autonomamente con costanza e curiosità.
Dunque, una strada che si potrebbe tentare è quella di ampliare questo spettro di interessi al di fuori della dinamica puramente performativa e accompagnare gli studenti e le studentesse in queste forme di apprendimento fornendo strumenti e prospettive.
Le richieste di ragazzi e ragazze agli Sportelli d’Ascolto
Agli Sportelli d’Ascolto spesso si presentano ragazzi e ragazze che mostrano fatiche relazionali con i propri pari o/e con gli adulti di riferimento. In particolare, emerge il tema del rapporto con i genitori a volte in difficoltà nel loro ruolo o spaventati, che riversano queste loro fragilità sui ragazzi attraverso atteggiamenti troppo controllanti o all’estremo opposto troppo “libertari”. Genitori che ricercano ad ogni costo l’affetto dei figli e delle figlie o che tendono a proiettare le proprie aspettative su di essi. In certi casi si presenta una vera e propria inversione di ruolo in cui è il figlio o la figlia a “prendersi cura” del genitore.
L’insicurezza dei genitori viene percepita dai figli che a volte la metabolizzano in forme di ansia e depressione, altre volte in comportamenti spavaldi ed agiti tendenti a negare la propria fragilità.
Altri aspetti che vengono portati dai ragazzi e dalle ragazze sono legati alle tematiche alimentari, spesso non talmente acuti da risultare come disturbi, ma comunque significativi, ed alla sessualità.
Più in generale ciò che si evidenzia è la centralità del ruolo dell’adulto e della comunità educante tutta, nel benessere dei ragazzi. In questo senso gli Sportelli d’Ascolto cercano di coinvolgere quando necessario i genitori e gli insegnanti per avere una visione ampia del contesto dei ragazzi e provare ad affrontare insieme gli elementi che generano fatica.
Estendere questo lavoro nei confronti degli adulti che svolgono un ruolo nella vita dei giovani è sempre più importante, senza colpevolizzare i genitori e gli insegnanti, ma ampliando la consapevolezza del ruolo che svolgono.
Potenziare, armonizzare e coordinare il lavoro che fanno gli Sportelli d’Ascolto come servizio di soglia con il resto della comunità educante può essere una strategia utile, a volte permettendo di avere nell’immediato delle risposte ai bisogni che esprimono i ragazzi altre, a porsi le domande più adatte ad aprire a strade differenti.