Maschi, adulti, di età media sempre più alta (35-45 anni): questo l’identikit delle persone ospitate nella Comunità del Reinserimento in viale Duca degli Abruzzi.
Tutti i nostri ospiti hanno esperienze e professionalità alle spalle: c’è chi ha fatto il cuoco, chi l’imprenditore edile, l’imbianchino, il saldatore… Ed è proprio il lavoro che in alcuni casi, paradossalmente, ha costituito un problema nella loro vita: occupava quasi tutto il loro tempo, lavoravano tantissimo ma, per sostenerne i ritmi o per alleggerire il peso di una situazione difficile, facevano uso di sostanze.
Adesso, dopo un primo percorso nella nostra Comunità Terapeutica o in altre comunità, sono motivati al cambiamento e a ricominciare.
Il primo periodo non è dedicato alla ricerca del lavoro, così che gli ospiti abbiano tempo di ambientarsi, creare una relazione con gli educatori e gli altri ospiti, conoscere il territorio e per sperimentarsi nella costruzione del tempo libero. Durante questo periodo si occupano di attività interne alla Comunità, come preparare i pasti, ritirare la spesa, occuparsi dei piccoli lavori quotidiani in cooperativa o attività di volontariato. Il ritorno al lavoro è graduale, inizialmente con il part time, per riuscire a ritagliarsi degli spazi per sé.
Entrare nuovamente nel mondo del lavoro non è facile: l’inserimento lavorativo avviene in cooperative di tipo B (cooperative lavorative che si occupano dei “soggetti svantaggiati”) o in realtà disponibili ad instaurare un dialogo anche educativo e relazionale, ad avere uno scambio e fornire un rimando: perché proprio tornando a lavorare possono emergere fragilità, difficoltà, fatiche legate anche al rispetto delle regole e degli orari, oltre che delle emozioni.
“Le realtà in cui vengono inseriti hanno la nostra stessa attenzione a mettere al centro la persona – spiega Daniele Oliosi, educatore – curano l’accoglienza e l’inserimento, lavorano per il benessere dei propri lavoratori, sono attenti al loro percorso e alla loro dimensione di crescita, ai loro bisogni e difficoltà. Con queste realtà abbiamo valori e visioni comuni e condividiamo il feedback sul percorso di ogni ospite, in un rapporto di fiducia reciproca frutto della rete che che abbiamo costruito nel tempo”.
Nella Comunità del Reinserimento, come in quella Terapeutica, non esiste il percorso standard: ogni persona è seguita individualmente.
“Partiamo dalle esigenze di ognuno per costruire un percorso funzionale alla loro autonomia. L’obiettivo principale non è raggiungere l’indipendenza economica, ma sviluppare la capacità di scegliere, di stare nelle situazioni difficili, di saper dire no, di gestire il denaro a disposizione. Il valore della persona non si misura sulla sua capacità di essere performante e di produrre”.
Alla fine del percorso gli ospiti possono scegliere se riprendere il lavoro precedente o percorrere nuove strade, rese possibili anche dalla formazione fatta durante il percorso, integrando con altre attività per dare al lavoro il giusto spazio e peso, raggiungendo un equilibrio con la vita personale.
È essenziale, infatti, che il ritorno al lavoro avvenga con un approccio diverso: dopo aver acquisito la consapevolezza delle proprie difficoltà si deve vigilare per tutelarsi dai rischi, per continuare a fare scelte che abbiano come obiettivo il proprio benessere.
“Non abbiamo la pretesa di sistemare la vita delle persone, non tutte le storie sono a lieto fine, infatti, ma qui ognuno ha l’occasione di fare delle esperienze diverse, di sperimentare cose nuove rispetto al passato, di avere una seconda possibilità”